Intervista a …

Buonasera a tutti!

Questo è il video della mia intervista a Stash, frontman della band The Kolors!

Ringrazio ancora una volta Jacopo Fo per avermi aiutata a contattare la band e, naturalmente, Stash per avermi dedicato del tempo nonostante i vari impegni della band, specialmente in questo periodo di prove intense per il tour! 

Anzi, ne approfitto per fare un “in bocca a lupo” (nonostante il tour sia già iniziato) a questi ragazzi che hanno un talento formidabile! 

Non aggiungo nient’ altro, buona visione!

“La mia isola felice …”

Ciao a tutti!

Come potete vedere, ho dedicato diversi post alla mia band preferita, parlando di tutto quello che mi hanno trasmesso ed insegnato.

Essendo un gruppo abbastanza conosciuto, molti sono i fan che li seguono sui social e che ascoltano la loro musica. Le ragioni possono essere diverse: alcuni per il loro aspetto fisico, molti (per fortuna) perché amano la loro energia, frizzantezza e il loro stile “moderno/vintage” (ci sono infatti genitori e nonni che, con la scusa dei figli o nipoti, iniziano anche loro ad ascoltare i the kolors perché fa loro ricordare la musica pop -rock-elettro funky degli anni ’80).

Ho fatto alcune domande a delle fan, chiedendo loro perché ascoltano i the kolors.

Ad esempio, alla mia domanda “Come hai conosciuto i kolors?” , Arianna Benincasa, una loro fan sfegatata, mi ha risposto : “Guardando Amici. Inizialmente non mi piacevano tanto , poi per una scommessa con mio padre, andai al primo firma copie e da lì me ne innamorai”.

Io: “Allora tuo padre era già loro fan!!”
Arianna: “No mio padre in pratica diceva che avrebbero vinto loro già dall’inizio. Poi arrivando in finale dissi: babbo facciamo una cosa se vincono mi porti a vederli domani alle porte di Napoli, se perdono non mi porti.
Poi vinsero e mio padre mi portò da loro. Ma sempre per scommessa. Poi da lì non li ho più lasciati”.
Io: “Cosa ti ha colpito di loro immediatamente? La loro frizzantezza sul palco o il loro look stravagante?”
Arianna: “Inizialmente il loro stile molto rock ma anche il modo in cui esponevano la loro musica. La prima cosa che ho guardato, proprio esteticamente al di là della musica é stato il ciuffo.😂”.
Io: “Sei d’accordo sul fatto che molte ragazze ascoltano la musica di un cantante che va in quel periodo non perché amano veramente il suo stile, ma solo perché va di moda?”
Arianna: “No, non sono d’accordo. Se ami veramente la loro musica, li segui sempre. Nella buona e nella cattiva sorte. Sono del parere che chi segue la moda é perché non ha il coraggio di seguire un unico cantante fino alla fine. Generalmente chi segue « il cantante del momento » é perché guarda la bellezza, non la musica… quindi non meritano nemmeno di vedersi la loro pubblicità per televisione”.

Ma la ragazza che mi ha colpito di più è stata Nadia, amministratrice di una fanpage su facebook.

Un pomeriggio, scorrendo nella home, ho trovato un suo messaggio, in cui scriveva perché amasse i the kolors, cosa le hanno trasmesso e perché aveva aperto la fanpage. Ma nel frattempo, raccontava una sua disavventura che la faceva stare molto male.

Queste sono le parole scritte da lei: “Questo gruppo è dedicato ai Kolors e alla loro musica ma stasera sento il bisogno di scrivere altre parole. Ho iniziato a seguire questi ragazzi per le emozioni che mi davano, ad amarli per la loro musica e non solo. Poi una notte ho fatto un sogno, un sogno che mi ha salvata e in quel sogno c’era Stash. Così sono cambiate tante cose e forse mi ero illusa di aver trovato un’isola felice. Poi, dopo vari problemi, stasera qualcuno mi dice che tante delle persone che ritenevo amiche, che facevano le amiche, non fanno altro che sparlare di me e di raccontare ogni cosa che faccio e posto nei vari gruppi compreso questo a chi forse ha chiesto informazioni. Mi sento talmente delusa da tutto ciò che vorrei realmente chiudere tutto e sparire. La gente si diverte, gode a ferire le persone sensibili senza rendersi conto del dolore che provoca. Io amo questi tre ragazzi e il fatto che alcune persone vogliano rovinare una delle poche cose belle della mia vita mi fa un male atroce. Scusate lo sfogo ma ho un nodo in gola che mi toglie il respiro. Nascere sensibili è il peggior difetto che si possa avere. Buonanotte a tutti”.

Questa ragazza è stata presa di mira solo perché ha una disabilità fisica. In questo post non c’è scritto, ma lei ha anche affermato di non essere andata ad un concerto dei kolors, dopo aver comprato i biglietti, perché minacciata di essere aggredita fisicamente. Ha pubblicato anche un video in cui affermava di voler chiudere definitivamente la fanpage poiché delle ragazze continuavano ancora a minacciarla e a mandare messaggi offensivi. Questo video è stato visto da Daniele Mona, uno dei tre componenti della band.

Diverse volte i the kolors si sono dimostrati portatori di valori nobili che, purtroppo, non tutti conoscono, come il rispetto per gli altri. 

Inoltre, si sono mostrati come difensori delle vittime di bullismo, ad esempio, nel programma intitolato per l’appunto “#maipiubullismo “. 

(link video: https://www.facebook.com/192945671092737/videos/529627517424549/)

Quindi, oltre ad essere dei professionisti in musica, lo sono anche nella vita, nei rapporti umani. E io non credo che questo sia un escamotage per aumentare la loro visibilità : non ne hanno bisogno.

D’altronde , diverse volte Stash ha dichiarato che prima o poi le persone false verranno scoperte e che, soprattutto in musica, si vede chi è sincero sin dall’inizio e chi no (parlerò di più su questo nel prossimo post, e c’è un motivo ben preciso per cui non affronto quest’argomento adesso… ma non ve lo dico! 😋).

Loro sono riusciti a dare forza a persone che, probabilmente, stavano cadendo nella depressione, nell’auto-lesionismo, nelle droghe, nell’alcool o in qualsiasi altra dipendenza per evadere dai problemi quotidiani (così si peggiora solo la situazione).

(È proprio per questo motivo che credo nella musica e nel suo immenso potere, ed è proprio per questo motivo che ce la metterò tutta per realizzare, si spera, un giorno il mio sogno più grande, forse troppo).

Chiusa questa piccola parentesi, proprio oggi, durante l’ora di educazione fisica io, insieme ad altre mie compagne di classe, abbiamo parlato dei disturbi del comportamento alimentare più frequenti : l’anoressia e la bulimia, causati anche da problemi relazionali, con conseguente perdita dell’autostima e di sicurezza in sé stessi.

Io per fortuna non ho mai avuto questi problemi, quindi non sono in grado di capirli fino in fondo, però mi sento in dovere di scrivere qualche consiglio per tutti coloro che stanno passando un brutto periodo: non chiudetevi in voi stessi, parlatene con qualcuno, anche se magari avete paura del giudizio altrui. Non minimizzate mai il problema, ma prendetelo sempre sul serio. Parlando e non tenendosi tutto dentro molto probabilmente riuscirete a trasformare il vostro problema che vi sembra grande quanto una montagna in appena una collinetta che, con l’aiuto giusto, diventerà una pianura.

Insomma, non abbiate paura di andare fino in fondo, e non pensate MAI, e dico MAI,  di non poter risolvere i vostri problemi. Anche perché, come dice sempre mia mamma, solo alla morte non c’è rimedio!

Ringrazio Nadia per avermi autorizzata a pubblicare il suo post sul mio blog e per avermi permesso di parlare brevemente con lei. Forza Nadia!

Con questo vi saluto. Una buona giornata a tutti! 

#vivereacolori #comunqueandare #sorrideresempre #everytimeyoujusttrytobearainbowinsomeonescloud  #spreadsomeloveforanyone  💖

… o altro?

Dopo avervi esposto la mia prima lezione di vita nello scorso post (scherzi a parte), stasera vi parlerò di quello che questa meravigliosa band mi ha trasmesso (oltre che agli insegnamenti).

Come si è già potuto intuire, sto parlando dei “The kolors”, band vincitrice di “Amici 14”, i cosiddetti “ciuffoni”.

Grazie anche a loro sono riuscita a superare la mia timidezza ed insicurezza (in parte, perché questi miei difetti resistono ancora) non solo nelle relazioni umane, ma anche nella musica.

Prima avevo il terrore di salire sul palco perché mi spaventavo di stonare o di non piacere al pubblico.

Per carità, un po’ di ansia ci vuole (non è nemmeno positivo non avere completamente un po’ di timore, anche perché credo sia impossibile non provare quel magone in gola e quella fitta allo stomaco quando sali sul palco). Ma credo anche che il troppo stroppia sempre, quindi essere troppo nervosi nuoce sicuramente alla buona riuscita dell’esibizione.

Col tempo ho imparato a considerare l’esibizione come un gioco da giocare fino alla fine, di cui non devi perderti neanche un istante, perché se sbagli anche una fesseria, il gioco può finire.

Adesso non è che sto parlando di Sanremo o chissà di quale concerto … alla fine, è solo un’esibizione in oratorio potreste dire voi, ma per me non è cosi.

Almeno nella musica voglio fare del mio meglio (anche se non ho mai avuto la possibilità di studiare canto), anche perché penso che se devo impegnarmi a fare qualcosa, tanto vale che la faccia bene!

Ma nel frattempo ho cercato di smorzare la tensione pensando che il pubblico non è altro che delle persone che vogliono divertirsi ed emozionarsi insieme a te.

Ricordo che due anni fa, il 5 giugno 2016, dopo un anno esatto la vittoria dei kolors, ho dovuto cantare due brani in occasione della festa di Maria Ausiliatrice (anche quest’anno si sta organizzando uno spettacolo, ma il 26 maggio). 

Ero tesa perché dovevo cantare due canzoni per me non facili: “What’s up” dei 4 Non Blondes (https://www.youtube.com/watch?v=6NXnxTNIWkc) e “La cometa di Halley” di Irene Grandi (https://www.youtube.com/watch?v=Oi4Sv3Ic_GU).

Mi preoccupava soprattutto quest’ultima canzone perché c’era una parte strumentale in cui, non potendo cantare, ero in un certo senso obbligata a muovermi. Decisi allora di battere le mani e così speravo di coinvolgere il pubblico in qualche modo.

La mia sorpresa più grande fu che tutto il pubblico batté a tempo le mani insieme a me. 

Ricordo benissimo il mio stato d’animo in quel momento: guardando gli occhi della gente, sorrisi e continuai a battere le mani con più sicurezza, perché ero riuscita nel mio intento. Ero più tranquilla rispetto a prima, e mi feci trasportare dalla canzone.

Da lì in poi ho capito bene o male come “prendere il pubblico” e come gestire l’ansia (è ovvio che, anche se prendo sul serio ogni mia esibizione, se dovessi cantare su un palco più “importante” l’ansia sarebbe maggiore, e non so fino a che punto riuscirei a controllarla …).

Un’altra cosa che i Kolors mi hanno trasmesso è stata la passione per la musica dal punto di vista strumentale .

E’ stato soprattutto Stash a comunicarmi la passione per la chitarra, strumento che io non amavo completamente, anzi (mi piaceva molto di più il pianoforte).

All’inizio non c’era quel feeling che secondo me un musicista deve avere con il suo strumento.

Ma dopo aver imparato i primi accordi e dopo essermi esercitata un po’ di più, mi resi conto che la chitarra aveva quel qualcosa in più che la contraddistingueva, personalmente mi comunicava molto di più. Per questo credo che la chitarra sia il MIO strumento, quello con cui mi trovo più a mio agio e che molto probabilmente sceglierei in mezzo a migliaia di altri strumenti musicali (soprattutto l’elettrica).


Infine, le loro canzoni in lingua straniera mi hanno aiutato ad aumentare il mio lessico ma soprattutto a  migliorare la mia pronuncia inglese.

Nonostante Stash sia italiano, ha una bellissima pronuncia (poi com’è perfettino lui, non gli scappa niente, quindi sono sicura che la sua pronuncia è molto studiata e assolutamente non inventata: posso fidarmi dai 😂 ).

Concludo col preannunciarvi che tra poco pubblicherò un post in cui si parlerà in modo mooolto specifico dei the Kolors … #staytuned #thekolors #surprise #pureadrenaline

Solo ciuffo …

“Chi saranno mai i componenti di questo gruppo?”: era questa la frase finale dello scorso post . 

Proviamo a pensare al 2015 … Quale band andava in voga in quel periodo? 

Vi dò qualche indizio: dei ciuffi, dei chiodi in pelle, il tormentone che ti entra in testa e non ti esce più. 

Ricordo la pubblicità del serale di Amici 2015, in cui ogni concorrente affermava per quale motivo meritava la vittoria. (Link della pubblicità: http://www.wittytv.it/amici/amici-lo-vinco-perche/525920/ ).


Non sopportavo il momento in cui trasmettevano questa pubblicità perché c’era una band che diceva : “Vinciamo perché … Uohohohoh! “.

Quell’anno non avevo seguito Amici, di conseguenza non conoscevo questo gruppo musicale.

Mi sono quindi fidata della mia prima impressione : questi faranno successo per un anno e poi verranno sostituiti da qualcuno che ammalierà meglio le ragazzine … scompariranno presto dal panorama musicale. Sanno suonare soltanto quattro accordi, e si reputano già una band … 

Mi comportavo come la maggior parte delle persone: giudicavo senza conoscere.


Ma un giorno, andando in sartoria, un amico di mio padre mi fece ascoltare una cover che avevano presentato ad Amici: “Il mondo”, brano proposto da Francesco Renga, ft. “We are young” (https://www.youtube.com/watch?v=1vG7w797nUQ). 

Quando tornai a casa, decisi di scaricare il video della loro esibizione. Più lo guardavo,  più mi rendevo conto che dietro quell’apparente superficialità c’era tanto lavoro, tanto sudore e tanta energia che sprigionavano al pubblico e che esso ricambiava saltando e ballando. 

Mi colpì la loro freschezza e la loro maturità artistica. 

Dopo aver ascoltato qualche loro inedito, la mia curiosità di conoscerli meglio aumentò. Decisi allora di informarmi su di loro guardando qualche loro intervista sul web. 

Da quel momento non smisi più di seguirli. 

Mi sono “affezionata” sempre di più a loro e alle loro canzoni, soprattutto quella che all’inizio non apprezzavo per nulla, anzi … : “everytime” . 

Come ho già detto, quello era un periodo un pò difficile per me. La chiave di svolta l’ho avuto anche grazie a quella canzone.

Una tra le frasi che mi hanno colpito di più è stata: “everytime you just try to be a rainbow in someone’s cloud” (ogni volta che provi ad essere un arcobaleno nelle nuvole di qualcuno) . Ho capito che dovevo mettere da parte quello che mi era successo , dovevo ricominciare, ma prima di tutto dovevo cambiare. Dovevo cambiare il mio modo di vedere le cose, il mio comportamento : dovevo essere più “scialla”, meno timida ed introversa,  dovevo uscire dal mio guscio ed aprirmi al mondo. Ciò non vuol dire che dovevo fidarmi di tutti: dovevo semplicemente imparare a parlare con tutti, anche con coloro con cui non andavo molto d’accordo. 

Come dice mia nonna, “Sii pura come una colomba, ma scaltra come un serpente! “

Le relazioni con gli altri aiutano a lavorare sul proprio carattere e a migliorarsi. Ed è quello che ho cercato di fare in questi tre anni. 

Inoltre , un pomeriggio estivo mi trovavo a Caposoprano (un quartiere gelese) . Avevo appena litigato con mia madre (in quel periodo ero particolarmente nervosa). Avevo bisogno di parlare con qualcuno. 

Mi chiedevo quindi chi abitasse lì vicino. 

Mi ricordai allora di una mia compagna di classe con cui avevo un po’ “allentato” la mia amicizia. 

Decisi allora di fare il primo passo e di chiamarla. Ci incontrammo , parlammo molto quel pomeriggio, chiarimmo le nostre piccole incomprensioni, e ritornammo amiche (forse più di prima). 

Quindi , morale della favola , fregatene dei giudizi della gente, valuta i consigli che ti vengono dati (prendili con le pinze), non seguire il pensiero della massa, ma pensa con la tua testa ,e non giudicare una persona dalla copertina : guarda dentro il suo cuore con la stessa delicatezza e meticolosità con cui leggi un libro! Non soffermarti a guardare la punta dell’iceberg che tutti possono vedere, ma vai sott’acqua, non aver paura di stare in apnea e guarda la sua parte sommersa (cit. James Joyce).

Stai sempre con gli occhi aperti , ma nel frattempo non farti troppi problemi. Cerca di vivere il più serenamente possibile, ama , ama sempre (amo irresponsabilmente tanto che non riesco a smettere), e carpe diem: cogli l’attimo. Vivi le piccole cose , e soprattutto goditi l’affetto dei tuoi familiari , che sicuramente è quello più sincero.

Concludo questo articolo con il ritornello di una bellissima canzone: Ama chi ti vuole bene, di un’artista che io stimo moltissimo.


Regala il sole a un davanzale

da dove tutto sembra uguale
regale il peggio che hai da dare
giusto per ricominciare
e fai quel gesto che sono
anni che ti prometti di fare
e vendi l’anima una volta
che forse non c’è niente di male

Regala un giorno di silenzio
se non c’è chi sa ascoltare
regalati il posto in cui per ora
non sei mai potuto andare
fai una torta così grande
che tutta Milano la può mangiare
e telefona a tua madre
che sei sicuro che ti vuole bene! 

Ama chi ti vuole bene !

Quant’è strana l’adolescenza!

Nel post precedente (“Una nuova esperienza …”) stavo parlando di questa nuova esperienza scolastica, ma ho anche preannunciato l’arrivo di una piccola (o grande, come già detto dipende dal carattere) disavventura proprio verso la fine del secondo anno. 

Prima di parlare di ciò, voglio aprire una piccola parentesi riguardo questo periodo così controverso, ma così importante per la formazione della personalità di un ragazzo: l’adolescenza.

Qualsiasi persona più grande di me con cui parlavo mi diceva che l’adolescenza è un periodo stupido, in cui i ragazzi vogliono sentirsi grandi, un po’ come quando le bambine mettono lo smalto o si truccano per “assomigliare alla mamma”. Peccato che la bambina resta tale, anche se si veste o si trucca come un adulto, perché ha un pensiero e dei modi di fare di un fanciullo, com’è giusto che sia.

L’adolescente è una via di mezzo tra la spensieratezza dell’infanzia e la maturità e responsabilità del mondo adulto.

L’adolescente crede che tutto quello che dicono “i più grandi” sia soltanto un insieme di stupidaggini; poi ad un tratto, come per magia, in una determinata situazione rimbalzano le parole di quella signora noiosa e petulante, o della nonna che sembra sempre avere la parola giusta … cavolo, avevano proprio ragione! La verità è che alcune cose si possono comprendere solo se si vivono realmente.

Super giù è quello che è successo a me.

Era fine maggio 2015. Mi preparavo per le ultime interrogazioni, gli ultimi compiti in classe, per poi lanciare i libri a mare e godermi l’estate! “Finalmente …” –pensavo- “ Dopo tanto studio, adesso il meritato relax!”.

Avevo in mente una bellissima estate, come quella tra l’altro passata l’anno precedente con i miei amici. Le passeggiate, le gare di nuoto, le partite di pallavolo in spiaggia, le lunghe passeggiate sul lungomare di Gela, sfidando le calde serate estive … insomma, non vedevo l’ora!

Peccato che tutto questo svanì in pochi giorni, perché la mia comitiva si disgregò, si ruppero i rapporti con loro, ma soprattutto con la persona che ritenevo la mia migliore amica. Non sto qui a spiegare il perché, non servirebbe a nulla; ma posso assicurarvi che ci sono stata male per un po’.

E’ brutto ritrovarsi da un giorno all’altro senza amici, indipendentemente dalle ragioni che provocano questa rottura. Tra l’altro, io sono un tipo che si affeziona facilmente e che ci resta male se viene ferita da una persona che riteneva sincera. Ma ero anche una ragazza molto timida ed insicura. Queste due caratteristiche mi facevano chiudere in me stessa, non riuscivo ad instaurare dei rapporti se non con persone che già conoscevo, avevo paura di fare nuove conoscenze, perché temevo il giudizio di un estraneo. Quindi, come si può presumere, io non avevo altri amici se non loro.

Mi è caduto il mondo addosso, non sapevo cosa fare, con chi passare i tre mesi estivi. Li trascorsi quindi con i miei genitori e con le figlie dei loro amici che hanno una sartoria. Con quella scusa, passavo un po’ di tempo e smettevo di pensare alle delusioni ricevute. Ma ciò non bastava: mi sentivo triste, da sola, come un pesce fuor d’acqua. Ero un’adolescente, e naturalmente volevo uscire con ragazzi della mia età, non sicuramente con i miei genitori!

Ed è proprio in questo periodo di sconforto che entrò in gioco la musica, arte a cui non avevo mai dato la giusta importanza.

Non pensavo che lei mi avrebbe aiutata a superare questo periodo così difficile per me.

Come dicevo prima, prima certe cose si devono passare per capirle. Ed è verissimo.

Prima io criticavo una mia compagna di classe poiché fissata con una band in voga in quegli anni. Sapeva a memoria tutte le loro canzoni, parlava sempre di loro, li chiamava “idoli” (su questo ancora oggi non sono molto d’accordo). 

Invece, dopo due anni, ci sono caduta io: come si dice, chi disprezza compra!

Nel mio caso, quest’espressione può essere ripetuta due volte, non solo perché mi sono resa effettivamente conto del grande potere della musica, ma anche perché ho iniziato a seguire una band che all’inizio non mi piaceva per nulla. Devo ammettere che in un primo momento ho dato dei giudizi troppo affrettati su di loro. Chi saranno mai i componenti di questo gruppo? Lo scoprirete nel prossimo articolo!

Una nuova esperienza…

Come già preannunciato nel post precedente, stasera parlerò del motivo per cui sono così attaccata alla musica. Lei è sempre stata la mia compagna più fedele, ma si sa: quando si è bambini magari non si ha piena coscienza di quello che si ama e che si vuole. Crescendo, si prende consapevolezza delle proprie passioni e dei propri sogni. Quindi, si è (in teoria) più maturi e capaci di fare delle scelte e di iniziare un percorso invece che un altro, consapevoli dei rischi che si corrono, ma anche dei vantaggi di cui si può godere. 

La vita è fatta di scelte: neanche il tempo di intraprendere un’avventura e di concluderla, che devi iniziarne un’altra. E la vita è bella anche per questo, perché ti mette in difficoltà, in crisi, perennemente sotto esame.

L’altro giorno, chiamando la mittente di quel famoso messaggio (di cui ho scritto qualche frase alla fine del post precedente), ho iniziato a parlare dei miei imminenti esami di maturità. Ho condiviso con lei l’ansia, ma nel frattempo la consapevolezza di ciò che sto per andare ad affrontare. E si discuteva proprio del fatto che non tutti gli esami della vita preannunceranno le difficoltà a cui si dovrà far fronte. Ma le persone forti si distinguono proprio per questo, perché cadono, ma trovano il coraggio di rialzarsi più caparbie di prima e più decise a raggiungere il loro obiettivo, costi quel che costi. Ed io voglio essere una di queste. Io non so cosa la vita mi riserva, ma voglio essere pronta a tutto, voglio fare la stessa cosa che ho fatto circa tre anni fa.

Era l’estate del 2015, la scuola stava per finire. Ero felicissima, non vedevo l’ora di concludere il secondo anno di liceo linguistico per studiare materie nuove (infatti, dal terzo anno tre nuove materie vengono aggiunte a quelle vecchie: fisica, filosofia e storia dell’arte). Proprio per questo, le persone mi dicevano che sarebbe stato difficile e pesante (su quest’ultimo aggettivo hanno indovinato). In più, si aggiungeva mio cugino a mettermi pressione: mi diceva che avrei dovuto studiare matematica in inglese, ed io non è che fossi un asso in questa disciplina.

In realtà, è stata una sorpresa: gli argomenti svolti in lingua inglese mi hanno incuriosito di più rispetto a quelli svolti nella mia lingua madre (e devo dire che me la sono cavata abbastanza bene!). Nonostante un po’ di timore, ero curiosa soprattutto di iniziare a studiare la filosofia, il famosissimo “studio della ragione”. Mi sono sempre piaciute le materie umanistiche, ma soprattutto dal terzo anno ho preso coscienza di questa mia passione. La filosofia ti apre la mente, ma certe volte ti fa sentire veramente ignorante in confronto a menti “insolite” (mi permetto di definirle così) come quelle dei filosofi. Ci sono giorni in cui mi chiedo: “Ma come hanno fatto i filosofi a fare un ragionamento del genere? Come riescono ad arrivare a queste conclusioni?”. Probabilmente non riceverò mai una risposta a ciò.

Chiusa questa parentesi, stavo dicendo che mi affacciavo ad una nuova esperienza. Niente poteva andare meglio. Ma proprio quando tutto ti sembra perfetto, accade qualcosa che ti destabilizza. Ero nel clou della fase adolescenziale, di conseguenza era facile avere degli sbalzi d’umore (soprattutto in questo periodo di stress pre-esame ne sto ancora avendo parecchi) e dei “periodi no”, in cui tutto sembra andare per il verso sbagliato. Ma è proprio in questi momenti che devi essere capace di trovare la chiave giusta per ricominciare (“Comunque andare, anche quando ti senti morire”).

Premetto che la gravità di quello che mi è successo deve essere valutato in base al carattere di una persona, che può essere forte, ma anche debole e facilmente manipolabile poiché fragile e non ancora delineato nella sua completezza. Quindi ad alcuni può sembrare una cosa sciocca, ma ripeto, dipende sempre dall’approccio di quella persona al problema in base al suo carattere.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                           Continua …   

FERMATI UN SOLO ISTANTE E ASCOLTA!

Hey, scusami, sto parlando con te! Si, tu, non nasconderti … vieni qui, non aver paura, non ce n’è bisogno.

Dovresti aver paura di quello che sei diventato tu. La società ti ha stravolto.

Mi ricordo di te: eri una bella  ragazza, ma quello che ti rendeva tale non era tanto il tuo aspetto fisico.

E dai, non offenderti, perché ti sto facendo un complimento.  Avevi gli occhi di un azzurro cielo che era impossibile da non notare perché pieno di vitalità e gioia di vivere.

Avevi tutta la vita davanti a te, avevi sogni, progetti.

Ma la società e quello che comunemente si chiama “destino” ti hanno cambiato.

Una semplice delusione ti ha fatto diventare una persona scettica, con i paraocchi, una persona che non ha più il coraggio di sognare. Perché i sogni sono destinati soltanto ai bambini. Poi si cresce. Certo …

La tua teoria non fa una piega. Però, voglio dirti una cosa: certo che mi stai proprio simpatica! Ti va di accompagnarmi al bar di fronte? Tranquilla, non ci sto provando. Voglio semplicemente fare una passeggiata con qualcuno. Sai, è da un bel po’ che non passo del tempo in compagnia, mi sento solo, abbandonato.

Ti prometto che se vieni con me, ti farò scoprire una cosa nuova, o per lo meno, una cosa che si trova dentro di te, ma che tu non consideri … col tempo te ne sei dimenticato.

Che cos’è? Non te lo dico! Mi dispiace, ma non ho trovato il tuo coniglietto che da piccola hai amato così tanto, ma che poi, durante una passeggiata con mamma al mercato hai perso.

Vuoi finirla di parlare? Stiamo solo perdendo tempo. Se continuiamo così, non facciamo in tempo!

Non è un film, fidati, è molto di più. Dai, andiamo!

Oh, finalmente ti sei convinta! Visto? Non ci voleva molto. Sediamoci qui. Sai che questo è il mio posto preferito? Ormai il barman non mi chiede più neanche dove voglio accomodarmi: ogni giorno vengo qui, mi siedo al solito posto, prendo il solito caffè, la solita brioche alla nutella, e aspetto. Chi? Chiunque.

No, non aspetto un mio parente o un mio amico. Aspetto semplicemente le persone … come te.

Non agitarti, tra poco capirai tutto. Lo sai che oggi è il tuo giorno fortunato? No, non hai vinto al superenalotto; si, hai perso quell’euro che hai giocato nella speranza di crearti una vita perfetta. Certo, perché alla base c’è quello. Non mentire: quante volte hai messo da parte l’affetto dei tuoi familiari per fare degli straordinari, per portare a casa quei 2 euro in più? Quanti saggi, recite e compleanni di tua figlia ti sei perso perché avevi una riunione di lavoro importantissima a Londra, a Parigi … più importante della tua famiglia!

Oggi voglio mostrarti una ricchezza diversa da quella che voi umani minimizzate con dei cerchi di ferro o dei rettangoli di carta. Guarda quanta gente c’è oggi! Non noti nulla? Beh, forse c’è troppa confusione per accorgertene. Forse la tua mente è ancora troppo piena di pensieri. E spostiamola questa gente! Ancora nulla? Si scusami, hai ragione, ancora troppi impegni che annebbiano la tua vista. Chiudi gli occhi … adesso riaprili. Vedi meglio adesso? Il vento ha spazzato via tutte le tue preoccupazioni. Adesso concentrati, ed osserva.   Guarda bene, non l’hai ancora vista? Ti do un indizio: guarda laggiù. Si, in quell’angolino. Oh, finalmente l’hai trovata! Quella ragazza, con il mento poggiato sulle ginocchia, con le cuffie nelle orecchie, immersa nei suoi pensieri e nei suoi sogni di adolescente. Cosa c’è di strano in lei? Non noti nulla? Dai, non ci credo. Aspetta … dai che stai capendo!

Non te ne accorgi? Le brillano gli occhi … sta sorridendo, anzi no … sta piangendo.

Adesso si asciuga le lacrime perché non vuole che gli altri si accorgano del suo pianto, ha troppa paura di far sentire i suoi singhiozzi e di essere considerata un’idiota. E ha ragione. Perché tu in questo momento stai pensando proprio questo:“ Perché fa così? Come fa una canzone a provocare il pianto di una persona? Non c’è un reale motivo per commuoversi, è solo una stupida canzone … i problemi per cui piangere e star male son ben altri. Se vuoi ti presto i miei, cara mia, almeno hai un buon motivo per comportarti così, dato che vuoi sfogarti! Certo che voi adolescenti siete pieni di complessi mentali così inutili e futili. Non sapete nulla della vita, non avete un minimo di coscienza su cosa siano veramente le difficoltà che dovrete affrontare nel vostro cammino. ”

Brava, finalmente sei riuscito ad accorgerti di lei. Ma ti sembra giusto il modo in cui ti comporti? Non solo ti sei ricordato di lei solo adesso, in più la etichetti.

Ma la colpa non è solo tua. L’hai descritta come tutti gli altri: una pazza esaurita. Non vergognarti del tuo pensiero: alla fine, tutti la chiamano così!

Che c’è? Si, anch’io sto piangendo. No, nonostante è primavera, i miei occhi non stanno lacrimando perché  soffro di allergia. Il mio pianto serve per sfogare la rabbia che ho dentro.

Quella ragazza che tu consideri anormale (in fin dei conti questo può essere considerato un complimento), non è altro che un corpo fragile, pieno di paure ed insicurezze, che vuole trovare il suo posto ideale tra una nota e l’altra. Mi esprimo meglio: vuole trovare la sedia giusta su cui sedersi, come ho fatto io prima, senza preoccuparsi di dar fastidio o di essere di troppo per qualcuno.

La cosa più grave è che lei questo posto l’ha trovato, ma nella musica, non nella società.

Si sente sempre come un pesce fuor d’acqua, non riesce a trovare un’armonia che la leghi alle persone.

Le auguro che un giorno riesca a non trovarsi così scomoda e buffa come si sente adesso, anche se devo fare una precisione: in realtà, lei non è così. Lei potrebbe essere molto di meglio, ma si chiude nel suo guscio e non riesce a far uscire la sua personalità. O forse si, ma solo quando ha un microfono in mano.

Guarda cosa ho trovato! Sono degli appunti salvati sul suo cellulare! Potrei sembrare invadente, ma sono troppo curioso di leggere cosa c’è scritto. Vediamo un po’ cosa c’è di interessante qui … ecco, trovato!

“Scusami se non riesco ad essere diversa, se sono noiosa, paranoica, ansiosa, se prendo le cose troppo sul serio. Credimi, io ci provo a non esternare le mie insicurezze, ad essere più “scialla”, solare, autoironica. Ma c’è qualcosa che mi blocca, non riesco a capire cos’è, non riesco a combatterlo. Mi piacerebbe trovare la chiave di quella porta che mi condurrebbe alla spensieratezza assoluta, e chiudere finalmente quel portone che rappresenta la fine di un percorso tortuoso, pieno di problemi che, molto probabilmente, non hanno una vera radice. Sono solo delle paure adolescenziali non represse. Forse sono state le persone che ho frequentato a farmi diventare così. Forse sono state tutte le delusioni che le persone mi hanno dato. Forse perché vedevo quello che loro non erano e non sarebbero mai riuscite a diventare: delle persone sincere, trasparenti. Ma molto spesso creiamo degli stereotipi di persone, dei vestiti da far indossare agli altri. Sì, vedi che stanno bene, ti piacciono. Peccato che quello  che tu hai plasmato non è altro che una maschera da far indossare a loro: perché  quei vestiti non rappresentano il loro vero stile.

Forse ho sbagliato in questo, ad avere dei preconcetti.  Insomma: mi aspettavo troppo da persone che non potevano darmi nulla. È stato quasi come un veleno che agisce piano piano: all’inizio non ti rendi conto di quello che stai bevendo. Soltanto alla fine realizzi che quella bevanda ti sta portando ad una degradazione lenta, ma efficace, e visibile (se sai aprire gli occhi). Non sto esagerando: le persone hanno avuto proprio questo effetto su di me. Hanno cercato di distruggere la mia personalità e la mia autostima. Ma io sono forte, e non mi farò abbattere da queste quattro vipere: combatterò affinché la mia vera personalità venga fuori. Ti assicuro che ci sto già lavorando. Non ti nascondo che un po’ paura di scoprire difetti che proprio non sopporto. Ma alla fine, sai che ti dico? Non mi importa! Tutti hanno i loro difetti, ma la cosa più importante è che i tuoi pregi riescano a farti brillare più di una stella e coprino le macchie più scure del tuo essere. Mi auguro che riuscirò in quest’intento molto presto! E perché no, auguro anche a te di trovare il tuo equilibrio, perché se credi di aver già una personalità delineata, mi dispiace dirtelo … ma non è così! Sai quanti cambiamenti faremo?! Adesso puoi sentirti la persona più sicura e forte del mondo, ma ti assicuro che basta una piccola foglia che si poggia sul tuo braccio a farti crollare il mondo addosso!

E sai perché lo spero non solo per me, ma anche per te? Perché ti voglio bene, e non smetterò mai di volertene. Magari tu non te ne accorgi neppure, forse sono inesistente per te, ma ti assicuro che per me non è la stessa cosa!

Adesso la smetto di parlare da sola. Buona vita a noi!”

……..

“So one, two, three, take my hand and come with me
Because you look so fine
That I really wanna make you mine.

I say you look so fine
That I really wanna make you mine!”

Ma che cos’è questo rumore? Benvenuta nel mondo reale, Adriana! Ti sta suonando la sveglia, sono le sette del mattino, devi andare a scuola. Pigrona, alzati! È tardi!

Era tutto un sogno. Non posso crederci, sembrava tutto così reale!

Sono le 23:45, è dalle 21:30 che scrivo ininterrottamente. Scrivo questo post non solo per pubblicarlo online, ma soprattutto per me stessa. Spero che quest’articolo non andrà perso, e che un giorno potrò rileggerlo.

Perché io non voglio diventare quella signora che ha messo da parte i suoi sogni e la sua famiglia per correre dietro ad un qualcosa che serve solo a finanziare il consumismo sfrenato della società. Perché quella è ossessione, non necessità! E spesso non ci accorgiamo delle cose veramente importanti (“E sentirti felice anche solo ad immaginare quelle piccole cose che non hai ancora!”). Spero che riuscirò a dare importanza alle giuste cose al momento giusto e a vivere la mia vita nel migliore dei modi, che riuscirò a cogliere ogni sua sfumatura, che non darò nulla per scontato, ma soprattutto … che lascerò vivere dentro di me quel bambino che ognuno di noi ha dentro (anche con l’aiuto della musica, perché no?!). Perché quella voce che parlava prima al “passante” non rappresenta altro che la nostra “vocina interiore”, quel desiderio di poter essere peter pan e vivere nell’isola che non c’è. Con questo non sto dicendo che dobbiamo vivere di illusioni, ma che credere nei propri sogni fa bene, ci fa sentire più padroni della nostra vita e del nostro destino.

Ma non dobbiamo dire soltanto di credere nei sogni, ma di metterli in pratica fino in fondo!

Ringrazio una persona che mi ha dato l’ispirazione per questo articolo.

Proprio grazie alla creazione di questo blog, dopo la stesura del primo articolo, mi è arrivato un messaggio che mi ha fatto riflettere molto. Si, perché io dicevo di credere nei miei sogni, ma in realtà non era così! Spero che il mittente del messaggio gradirà il mio gesto.

Questo è il testo: “ Veramente molto emozionante (il blog)! Se posso darti un consiglio (…) non smettere mai di credere in quello che fai! Continua a credere in te stessa e nella voglia di realizzare i tuoi sogni, non farti influenzare e scoraggiare dai giudizi altrui. Dritta per la tua strada dei tuoi sogni!”.

 P.S. : Nonostante questo articolo sembra che si distacchi un po’ dai precedenti, in realtà spiega il motivo per cui sono così legata alla musica. Nel prossimo post sarà tutto un po’ più chiaro. Alla prossima!

Da Frà Martino campanaro … a Santa tell me.

Come già anticipato nel post precedente, il mio primo vero debutto avvenne all’età di sette anni, proprio a scuola. È saputo e risaputo che alle scuole elementari si organizzano almeno due recite all’anno: quella di Natale e quella che determina la chiusura dell’anno scolastico.

Durante i miei primi cinque anni scolastici, ho sempre avuto la fortuna e la possibilità di partecipare a tutte le recite. In queste occasioni cantai, recitai e (sfortunatamente) ballai. Credo che durante la recita “Cavolo che frutta” (trattante il tema dell’alimentazione, giustappunto!) il pubblico mi abbia confuso con qualche ortaggio, non solo per il mio vestito, ma soprattutto per la mia forma fisica (sembravo una palla che cercava di muoversi come meglio poteva). Se mi avesse visto la professoressa Alessandra Celentano (celebre insegnante di ballo della scuola di “Amici”) non so come avrebbe reagito!

Sempre durante quella recita mi hanno fatto ballare con un bambino più basso rispetto a me. Essendo un ballo di coppia, dovevo piegare le ginocchia ogni volta che doveva farmi girare,  perché il suo braccio non era abbastanza lungo da permettermi di passarci sotto (e non è che io sia un gigante). Lascio immaginare la scena …

A parte gli scherzi, l’unica cosa che sapevo fare bene era la spaccata, imparata l’anno precedente a ginnastica (si, io facevo un po’ di ginnastica artistica, anche se ogni volta che dovevo fare la più piccola cretinata dovevano pregarmi, dato che mi spaventavo di tutto, anche di una semplice capovolta. Poi ho continuato con altre due discipline: lo step e l’aerobica).

Finiti i cinque anni di elementari, sono passata alle scuole medie, dove finalmente ho avuto la possibilità di studiare musica, sia dal punto di vista storico (studio della struttura degli strumenti adottati in un certo periodo), sia da quello teorico (e poi pratico). Era importantissimo studiare il pentagramma, perché sarebbe servito successivamente per saper riconoscere le note e suonarle con il flauto.

Ricordo bene la prima lezione di musica a scuola: il professore fece decorare la prima pagina del quaderno con scritte e disegni. Si rese conto che già conoscevo la sequenza delle note sulla tastiera (do re mi fa sol la si; me le aveva insegnate mio padre da piccola), e anche del fatto che sapevo disegnarle. Mi chiese quindi come facessi a conoscerle, e io gli risposi che avevo visto le note disegnate su un libro che avevo a casa (chiave di violino, croma, semiminima, ecc …).

Dopo poco tempo, il professore ci insegnò a suonare “Frà Martino”. Questa fu la mia prima canzone al flauto.

Mi piaceva tantissimo studiare il solfeggio, ossia leggere il pentagramma nel tempo corretto, ed esercitarmi con il flauto sui brani che il professore ci aveva lasciato (i miei vicini di casa apprezzavano di meno).

 Ma la mia esperienza musicale alle medie non si fermò al semplice studio di uno strumento.

Ogni anno il mio istituto, insieme ad altre scuole, partecipava all’iniziativa di TELETHON: si facevano passare in classe delle buste di carta dove ognuno di noi poteva donare qualcosa per finanziare la ricerca per trovare la cura a malattie molto rare. Inoltre si organizzava una giornata dedicata all’arte, in cui veniva data, a chi voleva partecipare, la possibilità di  cantare, ballare e recitare. Era bello, perché si  assisteva ad esibizioni corali, dato che si partecipava insieme alla propria classe. Addirittura, l’ultimo anno la mia classe ha organizzato uno spettacolo, la  cui protagonista era la musica di tutti i tempi: si trattava di un mix di canzoni che andavano dagli anni ’70 fino ai giorni d’oggi (lo spettacolo si è concluso con “Gangnam style”, la celebre canzone di Psy). Ci siamo divertiti tantissimo, perché alla fine le due classi del Plesso “Giovanni XXIII” si sono unite e sono salite sul palco per ballare insieme.

Ma sicuramente il ricordo delle medie che ho più nel cuore è lo spettacolo teatrale “Romeo and Juliet” organizzato dalla mia prof d’inglese in collaborazione con i prof di musica, di educazione fisica, di italiano e di matematica. Quello che mi fa commuovere non è soltanto ripensare allo spettacolo in sé, ma a tutti i consigli e le esortazioni dei prof che mi spingevano ad andare avanti e ad avere il coraggio di esibirmi davanti a tutta quella gente. Perché i prof, prima di essere tali, sono persone con un cuore, anche se molto spesso noi studenti lo dimentichiamo. E io ne ho avuto dimostrazione soprattutto in questo periodo (grazie soprattutto a due professoresse sono riuscita a superare un periodo un po’ difficile della mia adolescenza).

Ricordo anche che, in occasione dello spettacolo precedentemente citato,  io e le altre due ragazze con cui cantavo dovevamo imparare una canzone in spagnolo. Io non avevo mai studiato questa lingua, di conseguenza avevo paura di non riuscire ad imparare la canzone (mi preoccupavo soprattutto per la pronuncia). Ma la mia prof d’inglese (che conosceva anche lo spagnolo) ha creduto  in me, nelle mie capacità, e grazie a lei mi sono fatta forza e l’ho imparata in men che non si dica!

Per quanto riguarda il liceo, anche qui ho avuto l’occasione di esibirmi su un palco. Per esempio, al terzo anno è stata organizzata una giornata dedicata alla musica per festeggiare l’inizio delle vacanze natalizie. Qui ho avuto la possibilità di cantare Hallelujah nella versione di Alexandra Burke.

Sempre a  fine del terzo anno mi sono esibita in occasione della “Giornata dell’arte”, una giornata dedicata, appunto, alla musica dal vivo, al canto, al ballo, ma anche alla pittura. Mi sentivo in dovere di cantare una canzone che trasmettesse allegria, quindi ho deciso di portare “Comunque andare”, un brano  di Alessandra Amoroso appena uscito in quel periodo (che ancora oggi mi rappresenta molto).

Quest’anno ho avuto la possibilità di partecipare all’”Open Christmas Day”, uno spettacolo organizzato sempre in occasione delle vacanze natalizie. Oltre a cantare una canzone corale (Heal the world di Michael Jackson), mi sono esibita con “Santa tell me” di Ariana Grande, accompagnata dal pianoforte.  

Non nascondo che nutrivo del timore, dato che ad assistere erano non solo i professori e la Dirigente scolastica, ma anche i ragazzi delle scuole medie che stavano facendo orientamento al liceo “Elio Vittorini”.

Nonostante l’ansia, sono riuscita a godermi il momento, e mi sono divertita tantissimo!

Iniziò tutto…

Avevo circa quattro anni. Ero a casa di mia cugina, qualche anno più grande di me. 

La sentivo sempre cantare, così la scimmiottavo anch’io mentre mi lavavo le mani dopo aver fatto merenda con lei.

Non avrei mai pensato che la musica sarebbe diventata così importante per me. Qualche nota e già la giornata acquista nuove sfumature di colore. E’ una cosa bellissima!

Ricordo bene i pomeriggi passati con mio padre. A far cosa?

Prendevamo un microfono, il mitico “CANTA TU”, e registravamo sulle cassette le nostre voci.

Prima di tutto rivelavamo al nostro “pubblico futuro” la data e l’orario (mio padre diceva sempre che queste cassette sarebbero state ascoltate da noi anni dopo, e così è stato).

Poi si parlava della mia routine (l’asilo, i compagni) e dei miei parenti (nonni, zii, cugini).

Ma quasi tutte le registrazioni avevano una cosa in comune: cantavo sempre le canzoni di Gigi D’Alessio (il mio “idolo” infantile …),  Adriano Celentano e le canzoni delle recite che stavamo preparando all’asilo con le maestre.

Mi piaceva tanto cantare, soprattutto con mio padre, il mio “principe azzurro, anzi … nero-azzurro! (cit.)”, anche se ero una bambina molto timida.

Infatti, nonostante la mia grande passione, ogni volta che la città organizzava serate karaoke, i miei genitori dovevano supplicarmi affinché cantassi una canzone per loro.

Una tra le mie esibizioni, infatti, che ricordo molto bene e che tengo nel mio cuore è stata in occasione del 32° compleanno di mia mamma. La sorte volle che quel giorno (era estate, periodo in cui il comune organizzava tante serate sul lungomare di Gela) ci fosse proprio il karaoke nella pizzeria dove eravamo andati a festeggiare.

Mi presi di coraggio, e dedicai una canzone a mia mamma, più precisamente “La voce delle stelle” di Loredana Errore. Fu quello il regalo per mia mamma, e lei lo apprezzò tantissimo. Si emozionava ogni volta che cantavo (ancora oggi si mette a piangere quando mi vede sul palco). D’altronde, anch’io ho il magone quando devo esibirmi. La musica mi emoziona troppo, non posso farci nulla!

Ma il mio vero primo debutto è stato in seconda elementare.

Avevo sette anni, e per la prima volta ho dovuto cantare da solista davanti a tutta la scuola in occasione della recita “La bella addormentata”.

Ricordo ancora l’emozione che non riuscivo a controllare: la voce e le mani mi tremavano, avevo paura addirittura che mi scivolasse il microfono dalle mani, talmente erano sudate! Ma i complimenti del pubblico mi fecero subito tranquillizzare.

Un altro ricordo molto caro a me riguarda le serate in famiglia organizzate a “Montelungo” , un campo da tiro a piattello (mio zio ha questa passione).

Durante una di queste, si organizzò il karaoke (karaoke forever).

Dopo tante suppliche da parte non solo dei miei genitori, ma da parte di tutti i miei parenti (“Che stupida che sei, tu non impari mai …”: eccomi, presente!), decisi di cantare “Sincerità” di Arisa; poi continuai con altre canzoni.

Sono sempre stata così in tutto: devo aver il tempo di prendere confidenza con quella cosa. Se ci prendo gusto, poi non me la finisco più!

Passiamo ora al “concreto”: cos’è successo dopo? Mi esprimo meglio: in quali occasioni potevo  esprimere la mia passione per la musica oltre alle serate karaoke?

A otto anni mi venne data la risposta, in un luogo “ambiguo”, un luogo “noioso” per un bambino. Quell’anno dovetti iniziare il catechismo; decisi di frequentare la chiesa “San Domenico Savio” dato che era quella più vicina a casa mia.

Iniziai ad andare a messa. Ogni domenica sempre la stessa storia: il prete che celebrava la parola di Dio, il pubblico che rispondeva con frasi per me ancora incomprensibili.

Insomma, per una bambina di otto anni non è sicuramente come andare alle giostre.

Ma c’era una cosa che attraeva la mia attenzione più di tutto: il destino volle che fossi seduta accanto al coro che celebrava la messa delle dieci (quella dei bambini).

Quello che mi incuriosiva non erano tanto i bambini che cantavano e gli adulti che li aiutavano, bensì una scatola di legno gigante posta accanto il coro. Dietro c’era una signora che muoveva le mani; grazie a lei quella scatola “emanava” un suono molto classico, da chiesa. Ma come faceva una semplice scatola di legno a creare quell’armonia? Ci doveva essere qualche trucco. 

Allora un sabato pomeriggio (il giorno in cui il parroco metteva a disposizione l’oratorio per le diverse attività ricreative per bambini), decisi di andare in auditorium (la sala principale). Aspettai fino alla fine della riunione, poi andai dalla “signora misteriosa”, e le chiesi se potessi entrare a far parte del coro. Lei, sorridendomi, annuì.

Non le chiesi della “scatola magica”. Volevo scoprire da sola cosa si celava dietro quell’”aggeggio” (alla fine scoprii che si trattava di un “organo tastiera”, ovvero di due tastiere sovrapposte, di cui si poteva scegliere il suono e l’effetto schiacciando dei tasti).

Ritornando al discorso precedente, rimasi stupita del “sì” da parte della signora: non sapeva neanche se fossi intonata o meno! Mi aspettavo una prova, una “selezione” (ero fissata con il programma “Amici”); invece, niente. 

Sala musica dell’oratorio salesiano

Siamo direttamente andati in sala musica, una stanza piccola, ma ben attrezzata: c’erano la batteria, le chitarre, le tastiere e i microfoni. Dopo aver sistemato le aste e regolati i volumi dei microfoni collegati al mixer, iniziammo a provare i canti della domenica successiva.

A parte un po’ d’ansia, mi sentivo a mio agio dentro quella stanza e con quelle persone.

Stavo facendo la cosa che mi piaceva di più: cantare, non potevo chiedere di meglio.

Quando mio padre venne a prendermi, una ragazza si è congratulata con lui perché aveva una figlia con la stessa voce di Anna Oxa.

In realtà non le somiglio per niente, sinceramente non so dove abbia visto quelle somiglianze tra me e lei. Io ho una voce molto più dolce, e poi non sono così brava da essere considerata una cantante … anzi!

Ma apprezzo tantissimo il complimento.

Quel giorno ha segnato l’inizio di un lungo, bellissimo viaggio alla scoperta di un mondo nuovo (nel mio piccolo, non professionalmente). Infatti, è stato proprio l’oratorio a farmi crescere di più dal punto di vista musicale, oltre ad essere stato il luogo in cui ho potuto maggiormente coltivare quella che poi sarebbe diventata la mia passione più grande.

Anche se, bisogna dire che non è stato l’unico posto: anche la scuola mi ha dato tante possibilità. Come? La scuola?! Sì, perché la scuola non è solo istruzione e crescita culturale, ma anche scoperta e rivalutazione delle passioni e dei probabili talenti degli studenti.

                                                                    Continua …