Maschilismo e femminismo: due facce della stessa medaglia? (Intervista a Chiara Volpato)

Tecla Insolia al festival di Sanremo 2020

“In fin dei conti noi siamo di passaggio, come le rondini, come l’8 Marzo, e non basta ricordare di una festa con un fiore se qualcuno ci calpesta”.

Questo è un piccolo pezzo estratto dal brano “8 Marzo”, con cui Tecla Insolia ha debuttato il mese scorso alla categoria Giovani del Festival di Sanremo, classificandosi seconda.

Ecco il link del video ufficiale e il testo della canzone:

In fin dei conti la vita è come un viaggio
Comincia con un pianto dopo l’atterraggio
Facciamo giri immensi ed ogni coincidenza che perdiamo
È un nuovo punto di partenza
In fin dei conti noi siamo di passaggio
Come le rondini, come l’8 marzo
E non basta ricordare di una festa con un fiore
Se qualcuno lo calpesta

E nelle vene gli anticorpi alla paura
I silenzi che ci fanno da armatura
È resilienza, io so la differenza
Tra uno schiaffo e una carezza

Siamo petali di vita
che hanno fatto un giorno la rivoluzione
Respiriamo su un pianeta senza aria
Perché il buio non ha un nome
Hai capito che comunque dal dolore
Si può trarre una lezione
Ci vuole forza e coraggio
Lo sto imparando vivendo
Ogni giorno questa vita

La verità
Siamo candele nella notte
A illuminare mentre la gente chiude porte
Nei maglioni lunghi e a nascondersi nel niente
Dagli sguardi di chi resta indifferente

Abbiamo dato e troppo poco ci è concesso
Certe lacrime non chiedono permesso
E nello specchio, negando l’evidenza
Chiamarlo amore quando è solo dipendenza

Siamo petali di vita
Che faranno un giorno la rivoluzione
Respiriamo su un pianeta senza aria
Perché il buio non ha un nome
Hai capito che comunque
Dal dolore si può trarre una lezione
Ci vuole forza e coraggio
Lo sto imparando vivendo
Ogni giorno questa vita

Se ci crolla il mondo addosso
Come sempre ci rialziamo
Nonostante a volte uomo non vuol dire essere umano
Per tutto il sangue che è stato versato

Siamo petali di vita e la violenza non ha giustificazione
Respiriamo su un pianeta senza aria perché il buio non ha un nome
Hai capito che comunque dal dolore
Si può trarre una lezione
Ci vuole forza e coraggio
Lo sto imparando vivendo
Ogni giorno questa vita

In fin dei conti noi siamo di passaggio
Come le rondini, come l’8 marzo
E non basta ricordare di una festa con un fiore
Se qualcuno ci calpesta

Un testo profondo, per niente scontato, che mette in risalto le condizioni in cui tutte le donne sono costrette a vivere quotidianamente. E questo non perché vogliano fare le vittime (anche perché non ne hanno bisogno), ma semplicemente perché è la verità. Viviamo in una società pregnata di “sessismo benevolo”, cioè di gesti volti all’eccessiva protezione nei confronti di soggetti così fragili e deboli, come se le donne fossero bambole di porcellana.

L’anno scorso, durante una conferenza organizzata dalla SDS di Lingue e Letterature Straniere di Ragusa Ibla ho avuto l’onore di chiacchierare con Chiara Volpato, professoressa di Psicologia Sociale presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, nonché scrittrice del libro “Psicosociologia del maschilismo” (un libro che consiglio a tutti, uomini e donne, di leggere, perché tratta di tematiche riguardanti entrambi i sessi).

Questo libro ha cambiato letteralmente la mia percezione del mondo maschile e femminile, mi ha aiutato a cancellare un po’ di stereotipi e pregiudizi che, ahimè, avevo, mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto vedere le cose in modo diverso. Approfitto dunque di quest’occasione per ringraziare la Prof.ssa Volpato per aver impresso su carta le sue conoscenze e, naturalmente, per avermi concesso un po’ del suo tempo per parlare di un tema così delicato.

Prima di lasciarvi all’intervista, però, voglio anticiparvi che qualche giorno ho scritto un monologo sulla violenza sulle donne (e non solo). Pubblicherò un altro articolo in merito, per evitare di appesantire ulteriormente questo (https://passionfor.music.blog/2020/03/08/siamo-petali-di-vita-e-la-violenza-non-ha-giustificazione/).

Detto ciò, buona lettura!

Chiara Volpato

Quando ha preso coscienza della sua passione per la psicologia, e quando ha deciso di intraprendere questo percorso?

Non molto presto, perché io prima mi sono laureata in lettere. Ero molto appassionata della storia, infatti mi sono laureata in storia contemporanea. All’inizio non volevo insegnare alle scuole medie o superiori, anche se poi l’ho fatto. La mia passione molto forte per la psicologia, però, mi ha portato ad iscrivermi nuovamente all’università. Volevo concentrarmi sulla neuropsicologia e sulla psicologia sociale, che è tra l’altro la branca della psicologia più vicina alla storia, perché bisogna studiare la psicologia applicata alla società, quindi l’individuo studiato all’interno di una comunità. Dunque possiamo dire che abbia iniziato a studiare psicologia verso i 23/24 anni.

È stata subito appoggiata dai suoi familiari o ci sono stati degli screzi con loro?

Gli scontri ci sono stati prima, perché io avrei voluto fare medicina. In questo non sono mai stata sostenuta, avevo molto lottato per fare il liceo, ma secondo i miei dovevo fare il magistrale. Dopo la terza media sono riuscito a vincere la battaglia, nel senso che sono riuscita a convincere i miei a mandarmi al liceo classico, dopodiché sono stata io a rinunciare al percorso medico, perché nel momento in cui dovevo iscrivermi a medicina mi sono un po’ spaventata, tant’ è vero che ho deciso di iscrivermi alla facoltà di lettere invece che in medicina.

Passiamo al libro “Psicosociologia del maschilismo”: è ovvio dedurre perché abbia pensato di parlare di psicosociologia, dato la sua passione per la psicologia sociale, ma perché concentrarsi sul maschilismo? Di solito sentiamo parlare dei movimenti femministi, quindi di una rivendicazione dei diritti della donna considerata come il sesso più debole,  opponendola all’uomo, socialmente considerato come il sesso più forte. Quindi ha deciso di concentrarsi sul sesso forte e non sul sesso debole proprio perché si parla sempre delle conseguenze e mai delle cause?

Allora, intanto io non ho mai pensato che le donne siano il sesso debole, l’ho considerata sempre una stupidaggine. Ho sempre pensato che le donne abbiano una resilienza, una capacità di affrontare le cose assurda ( ho sempre visto donne  forti nella mia famiglia). Al di là di questo, penso che il problema siano gli uomini, non le donne! Può sembrare un discorso ironico, paradossale, perché va a ribaltare completamente la situazione. Sono loro che hanno bisogno di fare i forti proprio perché sono deboli!

A parte questo, mi è sempre interessato studiare la causa, perché la disuguaglianza è sbagliata e bisogna superarla andando a studiarne le cause e non le conseguenze.

Quindi secondo lei quale potrebbe essere la medicina ad una malattia chiamata stereotipo?

Bisogna sapere che lo stereotipo c’è, esiste, è tangibile. Bisogna fare attenzione e bisogna volerlo cambiare. Betty Frida diceva che una serie di donne si adatta molto bene allo stereotipo, perché è più comodo adattarsi. Ci sono ad esempio ricerche che mostrano che anche le donne che accettano il sessismo benevolo sono più felici delle donne che  lottano, perché è appunto più comodo.

È verissimo. Ieri stavo scrivendo le domande per questa intervista, e pensavo ad un episodio che mi è successo qualche mese fa a Roma. In occasione del sinodo dei giovani con Papa Francesco io, insieme ad alcuni ragazzi dell’oratorio Salesiano di Gela , siamo stati a Roma per tre giorni e abbiamo dormito, insieme a molti altri ragazzi provenienti da tutto il mondo, al Circo Massimo. Si può dunque immaginare la stanchezza derivante da un’esperienza simile. Il terzo giorno mi sono accorta del fatto che un ragazzo era particolarmente stanco e doveva portare delle bottigliette d’acqua. Aveva poggiato un attimo questa cassetta d’acqua a terra, allora ho pensato di prenderla io e di portarla al posto suo. Me l’ha tolta dalle mani, e neanche dopo 30 secondi ha chiesto a un suo compagno di portarla lui per tutto il tragitto.

È proprio questo il sessismo benevolo!

Una frase che mi viene in mente nel momento in cui si parla di sessismo benevolo è quella che Giovanni Falcone ripeteva sempre: Gli uomini non piangono.

Purtroppo c’è una cultura che li ha socializzati in questo modo. Sono prigionieri tanto quanto le donne di una cultura che non fa uscire in toto la personalità di un soggetto, costringendolo dunque a reprimere molto spesso le proprie emozioni. Perché se un uomo piange è una femminuccia, come se alle donne sia concesso di piangere perché, nella mentalità comune, sono fragili, a differenza dell’uomo che deve “difendere” la propria mascolinità e la propria virilità.

Non deve essere facile indossare una maschera sempre.

Assolutamente. Volevo chiederle un’ultima cosa: secondo lei le donne approfittano spesso della loro condizione per trarne beneficio?

Credo che certe volte, purtroppo, si faccia.

Ed è proprio questo atteggiamento a dare forza al maschilismo, perché si pensa che le donne abbiano ormai preso il potere di tutto, e che quindi controllino gli uomini.

 Questa è una stupidaggine! Basti guardare i dati statistici. Se fosse vera una cosa del genere, ci sarebbe Hillary Clinton al potere e non Trump! Se fosse vera una cosa del genere, le donne a lavoro verrebbero pagate più degli uomini e non al contrario.

Penso che siano atteggiamenti umani sbagliati, al di là del sesso maschile o femminile, dunque penso che questo sia un atteggiamento sessista per controllare meglio le donne che vorrebbero ribellarsi, quindi per farle stare al loro posto.

Quindi lei pensa che l’Italia sia da questo punto di vista arretrata?

Dipende tutto dalla nazione con la quale la si compara. È ovvio che se si fa un paragone con la Scandinavia, sicuramente l’Italia è in netta inferiorità. Però bisogna anche dire che diverse donne in questi anni stanno facendo un eccellente lavoro per sensibilizzare su questo tema troppo spesso trattato in modo superficiale.

Tempo fa avevo visto un video di Luciana Littizzetto in cui parlava delle donne, concentrandosi maggiormente sui falsi miti riguardanti lo stupro: se una donna viene violentata, se l’è andata a cercare, perché indossava un vestito troppo scollato o attillato. Cosa ne pensa?

Allora, partiamo dal fatto che né io mi sento a mio agio vestendomi in modo provocante, né desidererei che le mie figlie andassero vestite con abiti troppo scollati, perché credo sia giusto mantenere integra la propria dignità. Però è anche vero che questo non giustifica in alcun modo la molestia, peggio lo stupro. Ci sono molti uomini che vanno in giro mezzi nudi, anche in maniera inappropriata, e nessuno dice loro niente, perché secondo la mentalità comune l’uomo può mettersi in mostra perché in tal modo esalta la sua virilità; se la donna invece esalta le sue forme, è considerata una poco di buono.

Tra l’altro, ci tengo a sottolineare il fatto che nella maggior parte dei casi le donne stuprate indossavano degli abiti molto semplici, come un jeans e una maglietta.

So che non è chiaro molto spesso il fatto che c’è un confine che non va superato, quello dell’integrità delle persone, al di là del sesso. Prima di avere davanti un uomo o una donna abbiamo degli esseri umani con una loro  dignità e con un loro passato alle spalle. Io posso pensare che non sia di buon gusto andare vestiti in un certo modo, ma è una mia opinione: non per niente esiste il detto “De gustibus”!

Che poi non ci rendiamo conto del fatto che in questo modo dipingiamo l’uomo come un essere privo di razionalità, che non riesce a controllare i suoi impulsi nel momento in cui si trova davanti una ragazza con un vestito più attillato del solito. E questa è una cosa gravissima. È come quando gli uomini musulmani che andavano in guerra facevano coprire il viso delle donne con un velo perché erano oggetto di distrazione! Dunque implicitamente stai giudicando male anche l’uomo. Non è per niente vero che l’uomo è una bestia, sono degli esseri razionali, poiché sono esseri umani. È assolutamente una credenza falsa il fatto che gli uomini sappiano controllare di meno il proprio istinto: secondo me questa è una giustificazione che loro si danno perché è la società stessa che dà loro questa possibilità. Diversi studi hanno dimostrato che il self control è perfettamente uguale sia nelle donne che negli uomini!

Come diceva lei, purtroppo è la società a viziare il genere maschile. Faccio un breve esempio: il fatto che debba essere esclusivamente la donna ad occuparsi delle faccende di casa perché, se lo facesse l’uomo, perderebbe la sua virilità.

Questi sono stereotipi. Non è vero che l’uomo non sia in grado di pulire casa, perché non ci vuole certo una laurea! Non son mica deficienti gli uomini! È soltanto questione di abitudine e di educazione. Purtroppo gli stereotipi sociali si sono impossessati del pensiero comune in tal modo da far convincere le donne stesse a non educare il proprio figlio in un certo modo. Quindi è giusto che la sorella faccia il letto anche al fratello perché maschio.

Quello che non abbiamo ancora capito è che ci sono delle differenze individuali, quindi ci saranno sempre donne che non sanno cucinare e uomini che si sanno occupare della casa, come ci saranno anche tante donne che non sanno parcheggiare, ma anche molte altre che si intendono di motori molto di più rispetto agli uomini.

Lo ringrazio davvero tanto per la sua disponibilità!

È stato davvero un piacere! Grazie a te!

Gli uomini cantano quando le parole non bastano … (Intervista a Valy Elle)

“Gli uomini cantano quando le parole non bastano, quando non riescono a dirle, forse perché da sole sarebbero persino ridicole”. Inizio quest’articolo con le bellissime parole di Roberto Vecchioni.

Come ogni lunedì, anche oggi pubblico un’intervista ad una professionista che stimo tanto. Sto parlando di Valy Elle, vocal coach e corista del grande Roby Facchinetti.

Non aggiungo altro. Buona lettura!

Ciao! Presentati.

Ciao a tutti!  Mi chiamo Valeria Caponnetto Delleani, molti mi conoscono come Valy Elle grazie al mio blog sul canto e al mio canale youtube… e mi occupo di voce a 360 gradi!

Come cantante sono attualmente in tour con Roby Facchinetti e come vocal coach mi divido tra la mia scuola di canto a Torino che si chiama Vocalstudio e la mia attività di vocal coach online su valyelle.com dove si trovano consigli e servizi per cantare meglio e tirare fuori il meglio dalla propria voce.

Tua mamma è cantante, è stata lei ad indicarti questa strada. Questo ha mai condizionato il tuo percorso di crescita e i tuoi gusti oppure sei sempre stata indipendente?

Certamente essere figlia di una cantante ha avuto la sua importanza… mia mamma mi ha fatto giocare con il microfono, prima ancora di aver imparato a camminare! 

E dico “giocare” non a caso, perché il tipo di educazione vocale che ho ricevuto è stata davvero quella di “giocare” con la voce, usandola come uno strumento, con curiosità e sempre sperimentando cose e generi diversi.

Mia mamma d’altra parte è una vera sperimentatrice musicale… è stata molto conosciuta prima come vocalist dei Circus 2000, un gruppo Prog- Rock anni 70 e successivamente come Vocalist delle Streghe, un gruppo vocale Italo-Disco anni 80, ospite fisso del programma televisivo “Domenica in”. 

E’ stata anche corista di brani storici come “Amor mio” di Mina e di artisti come Celentano e altri grandi… Mi ha insegnato a non fermarmi ad un genere o a uno stile, ma a spaziare dall’opera al rock, al jazz, eccetera, spingendomi a migliorarmi sempre di più. Ho cantato sempre di tutto e devo ringraziare mia mamma per questa educazione musicale fuori dagli schemi e molto libera, che mi ha fatto appassionare alla voce come strumento, vedendolo un po’ come un diamante dalle mille sfaccettature. 

Naturalmente ho i miei gusti e le mie preferenze, che si sono formate con il tempo. Io e mia mamma condividiamo la passione per la musica italiana degli anni 60, per il jazz, per la voce lirica, per il Rythm n’Blues, ma ciò non  preclude il fatto che possa avere gusti miei personali…

Ma in che dimensione ti trovi più a tuo agio, qual è il tuo “habitat naturale” ? Quali i tuoi artisti di riferimento?

Amo molte cose appartenenti a mondi musicali e periodi diversi… anche qui amo spaziare. Andiamo dalla Callas ai Guns n’ Roses, a Jeff Buckley… dalle grandi voci del Jazz come Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan, alle regine dell’ R’n’B mondiale come Aretha Franklin e Whitney Houston. Amo la musica di Morricone, Bacharach e Cole Porter.

Però devo dire che le due artiste che ho ascoltato di più e che ho amato in modo particolare sono la grandissima Mariah Carey e la mitica Tori Amos. Tra i nuovi artisti, una voce che sto seguendo e di cui ho parlato spesso nelle mie vocal coach reaction su youtube, è quella di questo cantante straordinario Kazaco, Dimash Kudaibergen, che con più di 6 ottave di estensione mischia la vocalità classica, con il rock, con i canti tradizionali… insomma anche qui, la fusione di generi e la qualità sono il tema ricorrente.

La tua grande passione per la musica e il tuo talento ti hanno portato ad incrociare la strada di grandi artisti, come Roby Facchinetti, Tommy Emmanuel e Dodi Battaglia. Raccontami di questo percorso.

Mi ritengo molto fortunata per queste collaborazioni… artisti straordinari che hanno fatto la storia della musica.

Diciamo che il mio percorso musicale, come per molti della mia generazione, è fatto di tanta gavetta e poi, naturalmente, di conoscenza nell’ambiente musicale che vengono coltivate negli anni. Con Roby, ho saputo che era in cerca di una soprano alla Morricone, per realizzare alcuni pezzi del suo progetto solista “Ma che vita la mia”. Stava lavorando in uno studio a Torino e così ho ricevuto una convocazione per una prova… è andata bene e così è cominciata una delle collaborazioni più belle di questi anni, che ci vede ancora insieme sui palchi italiani per i vari tour che vedono protagonista la sua musica. E’ nata anche una grande amicizia, condivisa con il mio compagno Danilo Ballo, arrangiatore dei Pooh nei loro ultimi 16 anni di carriera.

Di seguito a questa collaborazione sono poi nate anche quelle con Dody e Tommy per il tour 2015: suonare con due chitarristi di questo calibro è una scuola di per se e ti arricchisce incredibilmente!

Sei molto celebre ed apprezzata su Youtube, piattaforma digitale di cui ormai, pure i più piccoli, usufruiscono. Cosa ti ha spinto a fare video su tutto ciò che concerne la musica, dalle tecniche canore fino alla presenza scenica?

Volevo condividere con più persone possibili questa mia enorme passione per la voce e mettere a disposizione le mie conoscenze vocali per chi ama cantare ad ogni livello e magari non ha i mezzi per poter approfondire. Oltre ai video tutorial sul blog si possono scaricare anche contenuti gratuiti, come per esempio un video training sulla respirazione diaframmatica per cantanti (https://www.valyelle.com/respirazione/) ed è qualcosa di davvero unico in Italia.

Mi rende felice aver creato un punto di riferimento italiano per il canto sul web accessibile a tutti, da cui poi, per chi lo desidera, si può approfondire con me attraverso corsi online e lezioni anche su Skype.

Hai dato vita a Vocalstudio, scuola di canto moderno a Torino e Sing Different Academy, la tua Accademia di canto online. Qual è l’elemento fondante del tuo progetto? Cosa trasmetti ai tuoi “alunni”?

Come dicevo precedentemente, tutto nasce da una grande passione e una ormai, lunga storia d’amore con la voce, fatta di curiosità, studio ed esperienza. Il canto per me è una fiamma che non si spegne mai e anche una terapia, che mi permette di liberare le mie emozioni, di portarle agli altri. Il canto è anche benessere, ormai la scienza ha provato anche questo… quindi c’è bisogno di cantare ancora di più!

Ai miei alunni cerco di trasmettere tutto questo, la voglia di avventurarsi nella propria voce e giocare sperimentando, ma anche l’idea che la voce in definitiva siamo noi… e cantare è anche un percorso di conoscenza di sé, con tante sfide da affrontare. 

E poi cerco di far capire che la voce è uno strumento, e come tale ha bisogno di tanto studio e dedizione. Non ci si improvvisa cantanti, come invece spesso  tante proposte imbarazzanti e improbabili che arrivano dalla radio e dalla tv potrebbero spingerci a credere… .

Purtroppo molto spesso ci si fa imbambolare dalla facciata, fatta solo di riflettori e di fama, che i media ci mostrano tutti i giorni, senza far trasparire tutto il sudore che c’è dietro ogni progetto. Probabilmente anche per questo motivo ci sono tanti cantanti da karaoke e pochissimi VERI ARTISTI.

Ti faccio un’ultima domanda: quali sono i tuoi progetti futuri (piccolo spoiler)?

I miei progetti futuri, oltre a portare avanti il mio blog su valyelle.com e il mio canale youtube, con consigli sul canto e su tutto quello che gira intorno al mondo di un cantante, riguardano la creazione di nuovi corsi online su argomenti molto richiesti, ad esempio quello sul riscaldamento vocale (corso in arrivo!), con delle vocal routine pronte che contengono i migliori esercizi della tecnica vocale moderna. Poi ci sono le lezioni su Skype per chi non è di Torino e quindi non può raggiungermi in studio, a cui si può accedere dal mio sito. E poi in arrivo eventi e seminari per chi mi segue e vuole portare la propria voce ad un livello superiore!

Ti ringrazio tanto per la tua disponibilità. È stato davvero un onore poter parlare con una professionista come te. Grazie mille!

Grazie a te! Mi fa piacere dedicare del tempo a chi nutre una profonda passione nei confronti di quest’arte magica: la musica! Un bacio!

Vivo per Lei (Intervista a Marco Vito)

Foto presa dal profilo instagram di Marco Vito

“Vivo per lei perchè oramai io non ho altra via d’uscita, perchè la musica lo sai, davvero non l’ho mai tradita. Vivo per lei perchè mi dà pause e note in libertà. Ci fosse un’altra vita la vivo, la vivo per lei.”

Avrete sicuramente intuito a che canzone mi stia riferendo. Questi versi mi fanno venire in mente un professionista che ha deciso di dedicare interamente la sua vita alla musica.

Io con quest’artista ho avuto la fortuna di chiacchierare del suo amore nei confronti di un’arte così attraente ed eclettica. Ecco a voi la mia intervista a Marco Vito, cantante, direttore d’orchestra, musical performer e vocal coach (insomma, poca roba!).

Marco Vito e Riccardo Cocciante (foto presa da Gazzetta del Sud Online – Messina)
Musical “Romeo e Giulietta” (Foto presa da Overblog)

A sedici anni ha già debuttato all’Arena di Verona, e nel 2007 ha ricoperto il ruolo di Romeo nella tragedia shakespeariana Romeo e Giulietta” rivisitata dal grande Riccardo Cocciante. Quando ha iniziato questo percorso, aveva già in mente di continuare con i musical per fare della sua passione una professione, oppure aveva altri progetti per il futuro?

Ciò che succede a 16 anni non puoi prevederlo.

Ero un ragazzo normale che amava studiare e ovviamente cantare, la musica è sempre stata il mio grande amore ma non ero sicuro che sarebbe potuta diventare la mia realtà.

Poi ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada Riccardo Cocciante che è stato mio maestro di vita, e ha cambiato totalmente il mio modo di vedere la musica. Ho capito che sarebbe stato il mio futuro.

Successivamente, ha avuto modo di diventare vocal coach e collaboratore musicale di diversi programmi TV, come Ora o mai più”, Ti lascio una canzone” e The voice of Italy. Mi racconti brevemente di questesperienza. Cosa si porta dietro?

Amo lavorare dietro le quinte dei programmi tv, lo faccio ormai da più di dieci anni ed ho avuto modo di conoscere tantissimi grandi artisti e confrontarmi con loro. Ho iniziato con il Maestro Leonardo De Amicis e da lui ho imparato tanto. Oggi occuparmi della crescita dei giovani talenti e lavorare alla creazione della loro personalità artistica è ciò che mi dà più stimoli.

Marco Vito direttore d’orchestra ad “Amici” (Foto presa dal profilo instagram di Marco Vito)

Lesperienza più recente la vede direttore dell’orchestra (formata da musicisti giovanissimi) del celebre programma Amicinella sua penultima edizione. Che cosa prova quando sta a contatto con i ragazzi? E soprattutto, com’è stato accompagnare la stupenda e imponente voce del tenore Alberto Urso?

Dirigere l’orchestra di Amici come ho sempre detto, è il coronamento di un sogno. Ho lavorato tanto per riuscire ad essere pronto per un compito così importante e ringrazio sempre della fiducia il Maestro Celso Valli e Maria De Filippi che rischiando hanno scommesso su di me.

Con i ragazzi che fanno parte del programma così come con i miei musicisti, siamo coetanei, ci accomunano gli stessi sogni, le stesse speranze e le stesse paure. Respiriamo insieme la stessa musica e condividiamo la voglia di farne la nostra vita.

Marco Vito e Alberto Urso (Foto presa dalle stories di Marco Vito)

Accompagnare Alberto è stato ancor più emozionante, lo conosco da piccolo, gli ho visto muovere i primi passi in musica tanti anni fa, veniamo dalla stessa provincia. L’ho preparato a “Ti Lascio Una Canzone” nel 2010, ed è stato bello ritrovare lo stesso ragazzo pulito, con un enorme talento, che negli anni ha fatto sacrifici enormi per formarsi e raggiungere questo grande obiettivo.

Tecla Insolia e Marco Vito (Foto presa dalle stories di Marco Vito)

Ieri Tecla Insolia ha debuttato a Sanremo nella categoria Giovani con il singolo 8 Marzo”. Che emozione ha provato nel  leggere il suo nome tra i professionisti che hanno collaborato alla creazione di questo brano così toccante?

Ero stato al festival due volte, ci ho cantato da ospite con Riccardo Cocciante, sono passati dieci anni, e sentir dire il mio nome è stata una soddisfazione che non credevo potesse darmi queste sensazioni. Scrivere per Tecla, con la quale abbiamo condiviso tanto, che ho visto crescere all’Accademia Le Muse di Gianna Martorella di Piombino sua manager, è ancora più emozionante.

Lei ha una grande sensibilità e sa comunicare in modo incredibile anche un testo importante come “8 Marzo” (https://www.raiplay.it/video/2019/12/sanremo-giovani-2019-serata-finale-tecla-insolia-canta-8-marzo-nuove-proposte-sanremo-2020-933e03b8-6412-4c60-9294-5b345f66a2b3.html). Sono fiero di lei e del gruppo di lavoro che segue questo progetto, dall’etichetta Rusty Records agli altri autori oltre che grandi amici con i quali ho il piacere di condividere questa avventura.

C’è un sogno nel cassetto che vorrebbe realizzare?

Vivo di sogni da quando ho iniziato a fare questo lavoro, mi piacerebbe continuare a crescere per dare il massimo alla musica, che mi regala sempre di più di quanto io possa dare a lei.

La ringrazio davvero tanto per la sua disponibilità. Le auguro con tutto il cuore di percorrere la strada che la musica ha tracciato per lei per tutta la vita.

Grazie a te! A presto!

Immobile (intervista a Mario Grande)

Ormai da una settimana si sono concluse le vacanze natalizie, o per meglio dire, le abbuffate natalizie… Ma non tocchiamo questo tasto dolente!!! 😥

Piuttosto, parliamo di musica.

Mario Grande (foto presa dal suo profilo instagram)

Qualche giorno fa ho avuto l’immenso piacere di scambiare due chiacchiere con Mario Grande, cantautore, musicista e produttore musicale (poca roba…).

Prima di lasciarvi, però, all’intervista, mi sento in dovere di fare una piccola presentazione.

Mario Grande, nato a Roma, è figlio di Adriano Grande, uno tra i poeti più rilevanti del 1900.

Da bambino inizia a prendere confidenza con il pianoforte e la chitarra e compone canzoni. Comincia la sua attività di musicista realizzando musica per il cinema. Ha realizzato la colonna sonora del film di Martina D’Anna “Prima le donne e i bambini” del 1992, che ha segnato d’altronde l’esordio al cinema di Corrado Guzzanti.

Contemporaneamente all’attività musicale coltiva la sua passione per la radio e collabora come intrattenitore presso alcune talk radio della capitale.

Nel 2008 fonda la label M.B.C musica con cui  organizza rassegne musicali e concerti.

Grazie alle svariate sollecitazioni dei suoi colleghi musicisti, decide di pubblicare alcune sue composizioni e nel 2008 nasce “Viaggi Sul Tempo” (https://www.youtube.com/watch?v=SsFvI1xr8PY), album prettamente acustico, risultato della sua penna, per di più pregno di diversi stili (dal rock, al pop mainstream, fino al sound latino). Vanta prestigiose collaborazioni musicali, come Marco Rinalduzzi, Cristiano Micalizzi, Elio Buselli, Tommaso Morrone, Fabrizio Palma e Rossella Ruini.

Il primo singolo estratto dall’album, “Oronero” (https://www.youtube.com/watch?v=dJ8V1PC9f0k) , arriva sul podio della chart itunes Italia.

Con il secondo singolo “Marzo” (https://www.youtube.com/watch?v=4_ORPTzPQ2I)  il regista e autore televisivo Walter Corda si occupa della cura del videoclip, insieme alle illustrazioni dell’artista Amalia Caratozzolo.

Durante la lavorazione del primo album nasce una duratura collaborazione con Marco Rinalduzzi, chitarrista elettrico, nonché editore musicale del progetto.

Nel 2011 vede la luce il singolo “Al mercato delle foglie” (https://www.youtube.com/watch?v=ga5C98kjy9U). Protagonista del videoclip Mohamed  Zouaui, proclamato nello stesso anno attore rivelazione e vincitore del Golden Globe.

Nel 2014 esce “Al centro del nord” (https://www.youtube.com/watch?v=lNrz3TgSbBs) , un brano pop dalle nuances rock, insieme al videoclip girato a  Tokyo nel quartiere di Shibuya. Da questo momento in poi Mario Grande si occuperà personalmente della regia dei suoi videoclip. Del novembre 2017 è “Ogni singolo momento” (https://www.youtube.com/watch?v=KqJhKzjwZyo), brano dalla melodia sinuosa; del Luglio 2018, invece, “In qualche angolo di me” (https://www.youtube.com/watch?v=tNZmbZmrSa0) girato fra New York e Lucca con la partecipazione dell’attrice Eleonora Di Miele. A Gennaio del 2018 gira il videoclip della sua cover del brano “Dettagli” (https://www.youtube.com/watch?v=1nJQWtcaoxU) di Ornella Vanoni e Gino Paoli del 1973, nonché rivisitato nel 1980 da Roberto Carlos. L’album più giovane è “#capitolosecondo” (https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_k6tSfLP4eb1Co9k8Kh34WVHopkTw9kZBg) , messo in commercio nel 2019, contenente 7 inediti + gli ultimi due singoli pubblicati e la versione rimasterizzata di “Al mercato delle foglie”. Fra i musicisti che hanno collaborato all’album: Phil Palmer, Marco Rinalduzzi, Francesco Arpino, Cristiano Micalizzi, Elio Buselli, Luca Trolli, Salvatore Corazza, Tommaso Morrone, Fabrizio Palma, Serena Caporale e molti altri. Contemporaneamente all’uscita dell’album esce il videoclip del singolo “Immobile” (https://www.youtube.com/watch?v=05sFjQxzrwE). 

In che occasione hai iniziato a cantare?

Ho cominciato a cantare da bambino in un coro ma il mio desiderio è sempre stato quello di scrivere canzoni. Ricordo che vidi una tastiera elettronica a casa di un mio compagno di scuola e il desiderio fu immediatamente quello di usarla per comporre una canzone “mia”. Le mie prime composizioni nascono così, su una tastierina come quella che arrivò a casa mia in un Natale di tanti anni fa.

Come hai scoperto di avere la stoffa per scrivere anche testi?

Non saprei, è stato tutto molto naturale, quando ho provato a scrivere le prime canzoni ho cominciato anche a scrivere i testi, sai mio padre era un poeta e forse c’è qualcosa di ereditario nella voglia di raccontare delle storie e delle emozioni.

Quanti e quali strumenti suoni? Hai mai pensato di ampliare le tue conoscenze mettendoti alla prova con altri strumenti?

Sì, ho provato a suonare un po’ di tutto ma più per divertimento. Suono chitarra e pianoforte, ma li ho sempre utilizzati soprattutto per comporre… non mi ritengo un polistrumentista. In genere compongo i brani più romantici/soft con l’ausilio del pianoforte, invece prendo la chitarra quando ho voglia di fare un po’ di rock: in fondo sono due strumenti che rappresentano bene le mie due anime pop e rock!

Il nuovo album #capitolosecondo si apre con il singolo “Immobile”. Non avrai preso ispirazione da Alessandra Amoroso 😊 😊. Scherzi a parte, a chi dedichi questa canzone?

A proposito di Alessandra Amoroso e della “sua” Immobile ti racconto un aneddoto: gliela cantai a sorpresa in occasione di un suo compleanno, festeggiato con amici comuni, durante una vacanza a New York qualche anno fa. E’ una grande artista e una persona di cui apprezzo tanto umanità e sensibilità.

La mia “Immobile” invece è stata scritta recentemente ma non è detto che, inconsciamente, quando ho scritto il testo non sia stato condizionato dal ricordo di quella vacanza… chissà… 

E’ dedicata a tutte le persone che rimangono ferme ad aspettare qualcuno che forse non arriverà o non ritornerà mai.  Nel videoclip, che ho diretto e che accompagna questo brano, ho voluto esasperare con fantasia questo concetto raccontando la storia di un uomo che “immobile nel suo amore” parte dal 1930 e, superando la barriera del tempo, arriva fino ai giorni nostri per incontrare e testimoniare alla sua amata l’esistenza di un antico sentimento.

Wow! Un’ultima domanda: cosa vorresti fare in seguito?

Continuerò a scrivere canzoni perché questa per me è una necessità vitale. Con la mia etichetta, MBC musica, continuerò ad occuparmi di promozione e management: mi gratifica moltissimo mettere la mia esperienza a disposizione di altri artisti.

È davvero stupendo quello che fai. Stare a contatto con la musica ogni giorno e fare di essa uno strumento di sostentamento, oltre ad essere una parte di sé stessi, è davvero una gran fortuna.

Ti ringrazio davvero tanto per la tua preziosa collaborazione!

Grazie a te, a presto!

#CHEDIVENTIUNAMODA

Nello scorso articolo (https://passionfor.music.blog/2020/01/03/natale-di-luce-tempo-di-occhi-nuovi/) ho parlato del messaggio che i ragazzi del coro Karisma hanno voluto trasmettere: guardare al mondo con gli occhi di un bambino ed imparare a cogliere l’essenza del Natale. Ed è proprio questo che Stash, frontman dei Kolors, ha voluto dimostrare mediante un’azione concreta. Ecco le varie storie da lui pubblicate:

Voglio fare una precisazione ed esprimere in tal modo il mio parere sulla questione. Stash, come tutti i personaggi famosi, HA IL DOVERE di rendere pubblici questi momenti poiché, essendo appunto noto e seguito soprattutto da molti giovani, può dare loro un esempio positivo. Perché non utilizzare i social in modo produttivo? Perché pubblicare solo foto in bikini o mostra-muscoli oppure sputare il veleno che scorre nelle vene mediante commenti sotto i post dei vip, sprecando il nostro tempo a criticare chi non conosciamo neanche? Ci sono già state critiche nei confronti di questi video, considerato un mezzo di aumento di like e followers: “Il bene si fa in silenzio”. Questo senza dubbio, ma io sono convinta del fatto che Stash, come tutti i volti noti italiani e non, non abbiano bisogno di questi stratagemmi per essere amati maggiormente dal pubblico. Anche perché non è un solo video a dimostrare chi si è veramente, ma le azioni di ogni giorno, e se si finge prima o poi la maschera cadrà e si svelerà chi è davvero.

Termino questo mini-articolo citando le parole di Stash: “Magari iniziasse una moda di questo tipo sui social, così almeno tra un post da fighi e l’altro ci sarebbe qualcosa come un messaggio umano dietro”. #chediventiunamoda #spreadsomeloveforanyone

Intervista a Celeste De Lisi

Buongiorno .

Ecco l’intervista a Celeste Delisi, una giovane artista emergente .

Prima di lasciarvi, però ,voglio porvi le mie scuse per aver portato alle lunghe l’intervista . Vi consiglio di vederla tutta perché, oltre a parlare della formazione artistica di Celeste, abbiamo trattato insieme degli argomenti importanti, oltre a parlare della mia piccola esperienza.

Buona visione!

Voci di donne

Qualche giorno fa si è svolto il convegno “Voci di donne”, organizzato dall’Università di “Mediazione Linguistica ed Interculturale” (nonché Struttura Didattica Speciale di Lingue e Letterature Straniere) di Ragusa Ibla È il terzo anno che si organizza quest’importantissima “tavola rotonda” che vede ospiti diversi docenti e professionisti, anche stranieri.  A dare il benvenuto la Professoressa M. Paino (Direttrice DISUM) e il Professore Burgio (Presidente SDS), mentre a presentare il convegno S. Lagdaf e M. Carreras i Goicoechea. Lascio allegata la locandina dei due appuntamenti del 29 e 30 Ottobre.

Molte volte si è parlato di donne in modo superficiale: le donne considerate come esseri fragili, da proteggere, e non come parte integrante della società che può fare la differenza. Un convegno che mira, dunque, a trattare un tema molto delicato ma senza, nel frattempo, alcun tipo di vittimismo; insomma, trattare le donne per quello che sono: degli esseri umani in carne ed ossa, non creature angeliche portatrici di salvezza. A tal proposito, mi viene in mente il libro “Psicosociologia del maschilismo” della scrittrice  Chiara Volpato, in cui si parlava di sessismo ostile e sessismo benevolo: il primo riguarda un’ostinazione nel controllare la donna, costringendola a restare entro i canoni della figura femminile della società e, in caso contrario, ad utilizzare la violenza per soffocare qualsiasi forma di ribellione; il secondo, consiste appunto nel considerare la donna come essere bisognoso di protezione da parte del maschio. In entrambi i casi si tende a subordinare la figura femminile a quella maschile ma, a differenza del sessismo ostile, quello benevolo non deriva da una visione “malata” dell’uomo che vuole far soccombere la donna al suo potere. Come dice la stessa parola, si tratta infatti di un sessismo che si muove per il “bene” della donna, per proteggerla dai pericoli della società. Ed è, purtroppo, un fenomeno molto diffuso, penetrato pian piano nella società e diventato ormai la “norma”, la “normalità”. Vi faccio un piccolo esempio derivante dalla mia esperienza. L’anno scorso mi trovavo a Roma in occasione del “Sinodo dei Giovani” con Papa Francesco. Io, insieme ad alcuni ragazzi dell’oratorio, siamo andati al supermercato a comprare delle casse d’ acqua (le bottigliette erano da mezzo litro). Avendo fatto tanta strada a piedi, un ragazzo era stanco; così mi sono proposta di portare io la cassetta d’acqua al posto suo. Dopo aver rifiutato il mio aiuto, ha chiesto ad un altro ragazzo di portarla, dato che era molto affaticato. Per molti, questo potrebbe sembrare un gesto di galanteria, a me invece è sembrato che quel ragazzo considerasse me, come le altre donne, troppo deboli per trasportare un peso sulle spalle. È come se tutte le donne avessero un deficit fisico e, per questo motivo, debbano essere preservate.  Un altro esempio del sessismo benevolo può essere trovato nell’espressione “Certo che con quel vestito te la vai proprio a cercare”. È vero sì che nella vita ci vuole decenza, ma è anche vero che ognuno di noi è libero di vestirsi come vuole, e NESSUNO, dico, NESSUNO è giustificato a toccare una donna solo perché indossa una scollatura provocante. Purtroppo è diffusa l’idea che se io esco con una minigonna è perché voglio provocare l’uomo; magari, per alcuni casi sarà anche vero, ma magari io indosso una minigonna perché mi vedo bella, perché mi sento a mio agio. Che poi penso che le scollature, come le minigonne o i vestitini, debbano saper essere indossati. Comunque, qualunque sia il motivo per cui io indosso un certo tipo di vestito, (ripeto) non è giustificabile il fatto che debba sentire fischi da parte di ragazzi (presenti anche se si indossa un jeans e una maglietta, questo fa capire che molto spesso il problema è il cervello di certi uomini) o, ancora peggio, essere toccata o molestata.

IO SONO UNA PERSONA, IO HO UNA DIGNITA’, pertanto esigo di essere RISPETTATA, com’è giusto e normale che sia. Invito a guardare con attenzione il “monologo” di Luciana Litizzetto, un discorso dall’argomento forte, addolcito con sfumature ironiche, ma carico di significato:

Chiudo questa parentesi per aprirne un’altra riguardante gli ospiti del convegno.

Come potete vedere dalla locandina, sia il 29 che il 30 Ottobre il Liceo Musicale Giovanni Verga di Modica ha avuto modo di mostrare le proprie eccellenze mediante degli interventi musicali a metà convegno. A rappresentare il liceo l’insegnante di pianoforte, nonché referente di indirizzo Loredana Vernuccio, e il professore di pianoforte Gianluca Abbate, che ha accompagnato le esibizioni di entrambe le giornate.

Da amante della musica, non potevo lasciarmi scappare quest’occasione. Così, ho avuto modo di parlare con Sophia Minauda, cantante lirica, allieva della professoressa Elvira Mazza, e Sofia Gagliolo, allieva della classe di violino del professore Pietro Vasile (che abbiamo avuto modo di ascoltare nella veste di compositore il 30 Ottobre con il brano “Come un alito di vento”).

Andiamo in ordine “cronologico”. Iniziamo quindi con l’intervista a Sophia Minauda (29 Ottobre), esibitasi con “ Il flauto magico” di Mozart e con “Think of me” (Phantom of the Opera) .

Sophia Minauda durante una sua esibizione

Adriana: Ciao!

Sophia: Ciao!

Adriana: Inizio con il farti qualche domanda sul tuo percorso. Quando hai iniziato? Quando hai capito che la musica era la tua strada?

Sophia: Allora, avevo quattro anni quando ho iniziato con canto moderno e ballo. Coloro che mi hanno in un certo senso influenzato (chiaramente in modo positivo) sono stati mia mamma, che canta, e mio zio, insegnante di ballo. A dodici anni ho invece iniziato con la recitazione, grazie alla quale ho avuto modo di mettere ancor di più in pratica la mia passione per il canto grazie ai vari musical a cui ho partecipato. Inoltre, grazie al liceo musicale, ho continuato con i musical ed iniziato canto lirico. Ho partecipato a “Io canto” nel 2010 e a “Tra sogno e realtà” su La5.

Adriana: Wow! Bellissimo! Ma quindi tu hai iniziato a studiare canto lirico solo al liceo, giusto?

Sophia: Sì. È stato qui che ho scoperto questa mia dote. Diciamo che è stata una cosa abbastanza improvvisa, che non mi sarei mai aspettata.

Adriana: Questo è il tuo ultimo anno di liceo?

Sophia: Sì. Sicuramente, dopo il diploma, continuerò con il Conservatorio, però proverò anche ad entrare nelle varie accademie di musical, ad esempio a Milano.

Adriana: Quindi in futuro ti vedi all’interno dei teatri sotto la veste di cantante lirica o di attrice nei musical?

Sophia: Non solo. Mi piacerebbe sperimentare anche l’ambito della musica moderna; infatti, il mio genere preferito è quello di Ariana Grande … praticamente, canto solo lei!

Adriana: Comunque, Ariana non è così distante dall’ambito lirico, cioè c’è bisogno di una buona estensione per cantare le sue canzoni; di conseguenza, avere un’impronta lirica non può che essere un tuo vantaggio!

Sophia: Assolutamente! Ariana è una voce semi-lirica.

Adriana: Esatto! Quindi, ritornando ai tuoi esordi, hai avuto un grandissimo appoggio da parte della tua famiglia, nel cui sangue scorre l’arte!

Sophia: Sì! Sia i miei genitori che mia nonna, che ho scoperto facesse canto lirico, mi hanno spinto ad andare avanti.

Adriana: Diciamo che il sostegno da parte della famiglia non è indispensabile, ma a mio parere fondamentale. È chiaro che se ti poni degli obiettivi miri al loro raggiungimento, anche se magari la tua famiglia non ti supporta al cento per cento. Però è anche vero che avere una parola di conforto, un incoraggiamento da parte loro è sicuramente un ottimo modo per accrescere la tua autostima, intanto, e poi per trovare la forza per lottare verso la realizzazione dei tuoi sogni ed aspirazioni.

Sophia: Esattamente! La famiglia è il tuo pilastro, perché può aiutarti nei momenti difficili come nessuno, neanche il tuo migliore amico, può fare. Molti artisti, purtroppo, non avendo avuto un sostegno, hanno conosciuto delle persone che hanno fatto prendere loro delle strade sbagliate e si sono persi … .

Adriana: Purtroppo sì. Ti faccio un’ultima domanda: nel caso in cui dovessi intraprendere la strada del canto moderno, ti piacerebbe diventare una “cantante vera e propria”?

Sophia: Assolutamente! Mi piacerebbe tantissimo calcare i palchi più rinomati e spaziare dal genere pop alla trap, che è un po’ lo stile di Ariana Grande! Quindi mi piacerebbe uscire un po’ dallo schema della cantante lirica che si esibisce solo nei teatri … diciamo che mi piace molto essere poliedrica!

Adriana: Insomma, ti piacerebbe fare tutto, basta che sia musica!

Sophia: Esatto!

Adriana: Grazie mille per questa chiacchierata! Ti auguro il meglio!

Sophia: Ma grazie a te! A presto!

 Passiamo adesso all’intervista a Sofia Gagliolo, esibitasi con la “Cantata n° 147” di Bach e con “Ave verum corpus” di Mozart.

Sofia Gagliolo

Adriana: Ciao!

Sofia: Ciao!

Adriana: Intanto, ti ringrazio per la tua disponibilità!

Sofia: Ma grazie a te!

Adriana: Iniziamo con la prima domanda. Quando hai iniziato questo percorso e quando hai capito che volevi fare la violinista nella vita?

Sofia: È una domanda un po’ difficile. Allora, avevo 11 anni quando ho iniziato, un po’ “tardi” se così si può dire, nel senso che ci sono un sacco di musicisti che hanno intrapreso questo percorso sin dalla tenera età. Quando ho iniziato,  non avevo una strada ben chiara (ero ancora una ragazzina). Però col tempo ho capito che era una grande passione, e che quindi valeva la pena continuare a studiare violino. Ho quindi frequentato il corso musicale alle scuole medie e poi mi sono iscritta al liceo musicale di Modica. All’inizio stavo optando per il liceo classico o scientifico, ma appena sono entrata da quella porta e ho sentito la musica proveniente dalle diverse aule, ho subito pensato che quello fosse il mio “habitat naturale”. Insomma, è stato amore a prima vista! Passano i primi anni, e non ero ancora molto convinta, anche perché non tutti i professori mi hanno spronata, invogliata, stimolata a continuare a camminare per quel sentiero. Ma dal terzo anno di liceo è scattata la scintilla, ed è stato proprio in quel momento che ho realizzato che volessi fare questo nella vita, perché è bellissimo;  salire sul palco e sentire quella tensione, quell’ansia da prestazione, che però riesci a tramutare in energia positiva nel momento in cui vedi le espressioni del pubblico e pensi soltanto a farlo emozionare.

Adriana: Assolutamente d’accordo con te! Ma quindi, ritornando al discorso del supporto, hai avuto un riscontro positivo da parte della tua famiglia, oppure hai dovuto fare tutto da sola?

Sofia: La mia famiglia è assolutamente contenta della mia scelta, perché sanno che è quello che voglio e che mi rende felice.

Adriana: E questa è una fortuna immensa che non tutti hanno, purtroppo, perché molto spesso i genitori hanno delle aspettative ben precise che vogliono riscontrare nelle scelte dei loro figli.

Sofia: Purtroppo è vero. Tu considera che mio padre è chitarrista, mamma no, però si respira comunque aria di musica a casa mia!

Adriana: Hai comunque preso da tuo padre questa grandissima e bellissima passione.

Sofia: Sì, ma poi è bellissimo avere accanto a te qualcuno che parla la tua stessa lingua. Certe volte ci dilettiamo in improvvisazioni, e ci divertiamo un mondo!

Adriana: Immagino quanto sia bello condividere la tua arte con una persona così vicina e così speciale! Comunque, hai avuto modo di condividerla anche al di fuori del “nido familiare”, esibendoti in teatri e solcando diversi palchi …

Sofia: Assolutamente sì! La mia più grande fortuna, specialmente quest’ultimo anno di liceo, è stata quella di far parte dell’ “Ibla Ensemble”. Grazie ad esso ho avuto modo di esibirmi nei palazzi nobiliari di Ibla. Abbiamo fatto concerti pop, quindi repertorio musica da film (anche colonne sonore), ma anche musica barocca … insomma, di tutto e di più! Mi reputo una persona molto fortunata, anche perché con l’Orchestra Sinfonica e l’Orchestra d’Archi del Liceo Musicale, sono quasi diventata “di casa” in palcoscenici come quello del Teatro Garibaldi di Modica, da anni ormai considerato spazio in cui si esibiscono sia studenti, ma anche musicisti di chiara fama. Inoltre, grazie allo sprone del mio Maestro, lo scorso giugno, ho avuto l’onore di calcare palcoscenici come quello del Teatro Antico di Taormina, in qualità di spalla dei Violini Secondi dell’Orchestra Scolastica Regionale Siciliana. Un’esperienza non da poco dato che mi ha portata ad esibirmi davanti alle più alte cariche istituzionali della Scuola, sia a livello regionale che ministeriale.

Adriana: Wow! Speriamo che questo sia solo l’inizio! A proposito, quali sono i tuoi progetti futuri?

Sofia: Sicuramente il conservatorio, anche se ancora non so bene dove. Penso di prendere la laurea triennale qui in Sicilia … poi, chissà, magari andare su o addirittura all’estero (potrei sfruttare il fatto di essere italoamericana, quindi l’idea di fare qualche anno fuori non sarebbe così impossibile da realizzare…).

Adriana: Assolutamente! Sicuramente, studiare all’estero amplia  le tue conoscenze linguistiche e musicali, ma dona anche prestigio al tuo curriculum.

Sofia: Eh sì! Anche perché, al giorno d’oggi specialmente, le conoscenze sono fondamentali, non in senso negativo, naturalmente!

Adriana: Sì, sono degli agganci che ti aiutano a fare della tua passione un lavoro vero e proprio.

Grazie ancora per questa breve (ma intensa) intervista!

Sofia: È stato un piacere! A presto!

Ashes dance in the sun… (Intervista agli Atwood)

Atwood band

Adriana: Ciao! Presentatevi!

Atwood: Ciao! Siamo gli Atwood, una band milanese formata da Alice – voce, Daniele – chitarra, Alessio – basso, e Lorenzo – batteria. Abbiamo tutti 25-26 anni.

Adriana: Come mai questo nome?

Atwood: Se hai mai guardato the OC, sicuramente ricorderai Ryan Atwood 😀 L’abbiamo scelto perché breve e d’impatto, ci suonava bene. Qualcuno potrebbe trovare un riferimento a Margaret Atwood, o cercare di tradurlo con qualcosa tipo “al bosco” (sì, è successo), ma non è nulla di così complesso!

Adriana: Quando e in che occasione è nata la band?

Atwood: Abbiamo iniziato come cover band nel 2017, ma abbiamo subito cercato di dare un’impronta personale riarrangiandole tutte. Abbiamo approcciato band come Paramore e PVRIS, ma anche pezzi pop radiofonici. Il periodo cover, comunque, è stato brevissimo, perché già dopo un paio di mesi avevamo scritto il nostro primo pezzo, Empty Room (https://youtu.be/-KKFt_FOyAQ), che trovate all’interno dell’EP. Il nostro vero e proprio viaggio inizia il 19/11/2018 con l’uscita di “Black Mirror” (https://youtu.be/09bArMpP3LM). Il 27/11/2018 abbiamo poi pubblicato il primo EP “at odds”. Il 25 ottobre 2019 è uscito il nostro nuovo singolo, “Dance in the sun” (https://youtu.be/ujKEeYn0pCo).

Adriana: In che genere vi sentite più a vostro agio? Qual è la vostra natura?

Atwood: Non c’è un vero e proprio genere in cui ci sentiamo tutti a nostro agio, perché fortunatamente siamo tutti abbastanza diversi a livello di gusti, e questo ci permette di adattarci a ciò che vogliamo fare. Siamo partiti dal post-hardcore/alternative, ma siamo finiti con l’includere più pop per divertirci un po’ a sperimentare cose (per noi) nuove. Non vogliamo prendere una strada e seguirla ciecamente.

Adriana: Pensate di essere radiofonici?

Atwood: Direi di sì. Dance in the sun, il nostro ultimo singolo, ha un’impronta più prettamente “pop”, quindi probabilmente più accessibile a un pubblico più vasto. Non nego però che trovo anche Black Mirror un pezzo radiofonico, forse per il synth che la sorregge: è tamarro quanto basta da restare impresso in chi la ascolta.

Adriana: Di cosa pensate ci sia bisogno per avere successo, insomma, per sfondare?

Atwood: Il talento, chiaro, ma quello ce l’hanno in tanti, e ormai non basta più. Sono dedizione e perseveranza maniacali che premiano, alla fine. La fortuna gioca sempre un ruolo importante, certo, ma bisogna darle una mano.

Adriana: Quali sono i vostri punti forti, quali quelli deboli?

Atwood: I nostri punti forti sono costanza e cocciutaggine davanti a ogni ostacolo, unite a una meticolosa ricerca della perfezione, sia nel suono che nella scrittura. I punti deboli sono difficili da elencare, ma direi che il principale è che dobbiamo ancora farci un po’ le ossa, perché ovviamente non abbiamo l’esperienza di una band attiva da 10 anni.

Adriana: Avete già suonato dal vivo? Se sì, dove?

Atwood: Abbiamo già fatto quasi 40 live da marzo a oggi, e non abbiamo intenzione di fermarci. Tra le tappe più importanti, ad aprile 2019 abbiamo vinto il contest “Nuove prospettive” di Kleisma, che ci ha portati alle finali di 1MNEXT 2019 a Roma. In occasione dell’Emo night vol.2, al Circolo Svolta di Rozzano, abbiamo suonato in apertura ai Lost, storico gruppo della scena emo/pop-punk italiana, e all’Emo Night Vol.4 abbiamo aperto gli Eyes Set To Kill, band di calibro internazionale. Abbiamo poi vinto il Bergamo Summer Contest, organizzato per dare spazio alle band emergenti, e la nostra soddisfazione più recente è essere riusciti ad arrivare in finale al Rock in Park Contest 2019 di Milano, al Legend Club.

Adriana: Quali sono i vostri progetti futuri?

Atwood: Per il futuro abbiamo in piano di suonare tantissimo, possibilmente anche all’estero, e di pubblicare qualche altro pezzo, magari condensato in un EP.

Adriana: Con quali artisti vi piacerebbe collaborare?

Atwood: Ci piacerebbe molto collaborare sia con artisti affermati che con emergenti della scena locale, perché è pieno di musicisti davvero validi. Qui, però, è tutto in forse 😉

Adriana: Vi ringrazio per la vostra disponibilità! A presto!

Atwood: Ma grazie a te! Ciao!

Come stai? (Intervista a Lor3n)

Adriana: Ciao! Presentati!

Lorenzo: Ciao! Sono Lorenzo Iavagnilio, in arte Lor3n, ho 18 anni e suono e canto da quando avevo 11 anni.

Adriana: Qual è stato il tuo primo approccio con la musica?

Lorenzo: Il mio primo approccio l’ho avuto grazie a mio padre. In effetti aveva una chitarra, regalatagli da mia madre, e dalla prima volta che l’ho vista ho cominciato ad interessarmi sempre di più.

Adriana: Hai mai studiato professionalmente o sei autodidatta?

Lorenzo: Studio musica dalla prima media in una scuola che oramai è diventata parte di me ed è proprio grazie ad essa che sono riuscito a trovare maggiori stimoli per andare avanti.

Adriana: Che rapporto hai con la musica? Lavori già a stretto contatto con essa o per adesso è soltanto un hobby che, magari, in futuro potrà diventare qualcosa di più concreto?

Lorenzo: Il mio sogno sarebbe quello di riuscire a vivere solo facendo musica, ma per ora mi diletto solo nel fare live nella mia piccola città.

Adriana: Parliamo del tuo inedito “ Come stai” (https://m.youtube.com/watch?v=k-mBmHvBRCo&feature=youtu.be ). Com’è nato? Inoltre, è un progetto a se stante o uno tra i varo brani di un cd?

Lorenzo: Il mio primo inedito uscito a fine luglio, “Come stai?”, è nato nel mio home-studio attraverso un giro di semplici accordi. È un progetto a se stante, infatti ho intenzione di far uscire il mio primo album a distanza di circa 5 inediti.

Adriana: A chi e a che situazioni ti ispiri di solito quando scrivi le tue canzoni?

Lorenzo: Quando scrivo le mie canzoni mi ispiro esclusivamente a quello che ho vissuto o provato e devo ammettere che mi aiuta molto poiché è un modo per liberarmi.

Adriana: Progetti futuri. In che modo pensi di far diventare la musica una tua realtà quotidiana?

Lorenzo: Per quanto riguarda il mio futuro ho dei progetti ben chiari. Vorrei far uscire, come ho già detto, altri 4 brani e infine proporre un mio album. Ho intenzione di far appassionare la gente della mia musica e proverò a farlo attraverso il mio secondo inedito che probabilmente uscirà a fine Novembre.

Adriana: Ti ringrazio per la tua disponibilità!

Lorenzo: Ma grazie a te! A presto!

Quando il make-up e la musica si fondono… (Intervista a Debora Manenti, vincitrice del Festival di Castrocaro 2019).

Ciao!

Come va? Spero tutto bene.

Io mi sto godendo gli ultimi giorni di libertà prima dell’inizio del secondo anno di Università. Sarà un anno impegnativo, ma sono sicura che mi permetterà di maturare ancora di più, oltre ad aumentare le mie conoscenze e competenze in ambito linguistico.

Adesso basta parlare di Università. In quest’articolo vi parlerò brevemente di una ragazza di 21 anni con un sogno: la musica. Fin da piccola ha coltivato il suo sogno, affiancata dai suoi genitori e da sua sorella, anche lei fortemente appassionata di musica e canto e, a 12 anni circa, ha iniziato a studiare canto. La musica è quella polverina magica che la fa sognare: il palco è la sua terra, il posto in cui si trova a suo agio, perché lì può essere veramente se stessa, senza filtri né maschere. Se fosse per lei, non scenderebbe mai dal palco per non smettere di cantare. Il canto è il suo modo di esprimere emozioni, di condividere messaggi sociali che non tutti avrebbero il coraggio di affrontare. Per questo la scelta di pezzi ardui, forti: perché la voce è uno dei veicoli migliori per lasciare un segno.

Sto parlando di Debora Manenti, vincitrice del Festival di Castrocaro 2019.

Non voglio scrivere nient’altro: sarà lei a raccontarsi, stavolta non attraverso il canto. Ecco a voi la nostra chiacchierata.

Video Casting Amici di Debora Manenti
Premiazione concorso canoro 30^ Goccia d’Oro ed esibizione canora di Debora con il brano “Look at me now” (Chris Brown)
Intervista a Debora su Rai2 nel programma “I fatti vostri”